Page 287 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
P. 287

Volturno 1860. l’ultima battaglia                                  287


               distanza. Il nemico era così riparato da muri, alberi, ecc., che noi non pote-
               vamo vederlo se non da molto vicino, e il fuoco fu principalmente a breve
               distanza. Il successo fu ottenuto da una costante, decisa avanzata sotto il
               fuoco violento e contro un nemico sistemato in una forte posizione, superiore
                                                          38
               nei numeri e naturalmente nell’addestramento .
                  Una simile tattica poteva funzionare molto bene contro un esercito minato
               internamente come quello borbonico del 1860, ma se impiegata contro repar-
               ti solidi formati da soldati motivati risultava un vero e proprio suicidio. Solo
               in questo modo si spiegano le paurose perdite subite da Garibaldi durante la
                                         39
               campagna trentina del 1866 .
               i piani contrappoSti
                  L’esercito di Francesco II a fine settembre aveva riguadagnato l’iniziativa
               strategica. Il suo avversario diretto, L’esercito Meridionale, era giunto allo
               stremo delle proprie risorse logistiche e militari. Garibaldi avrebbe dovuto
               stanare l’armata napoletana dalla sue fortezze meglio difese, Gaeta e Capua,
               e affrontarla in campo aperto. Ma semplicemente un simile piano non era alla
               portata delle forze garibaldine, le quali non possedevano i necessari parchi
               d’assedio. Artiglierie simili invece non mancavano certo al corpo sardo del
               generale Cialdini, ormai a pochi giorni di marcia dal teatro operativo.
               Garibaldi avrebbe atteso i sardi, ma Francesco II non poteva permettersi di
               attendere oltre e doveva sconfiggere almeno uno dei suoi due avversari, e le
               giacche rosse erano attestate proprio di fronte alle mura di Capua.
                  Come è noto il piano d’operazioni borbonico risultò fallimentare, soprat-
               tutto per la mancanza di un vero e proprio punto di gravità riconosciuto. La
               sua analisi è la chiave per comprendere le ragioni della sconfitta finale:
               -   dispersione delle forze. Nonostante i tentativi di radunare tutti gli uomini
                  presso Capua, le forze borboniche affrontarono lo scontro del 1 ottobre
                  suddivisi in due masse, il corpo principale di Capua (circa 20.000 uomini)
                  e la divisione di von Mechel (8.000 effettivi). Solo in caso di vittoria i due
                  tronconi avrebbero potuto riunirsi per operare strettamente collegati.



               38  Trevelyan, Garibaldi and the making of Italy cit., p. 328.
               39  Solo a Bezzecca i volontari garibaldini lamentarono la perdita di 1.450 uomini (9,6%)
                  contro appena 207 perdite (1,6%) austriache, con una proporzione di 7:1. Cfr. U. Zani-
                  boni Ferino, Bezzecca 1866. La campagna garibaldina dall’Adda al Garda, Trento 1966.
                  Si noti che in tutta la bibliografia dedicata all’eroe dei due mondi non esiste ancora uno
                  studio specifico a ricostruire criticamente il suo pensiero militare e ricostruire le tattiche
                  di combattimento impiegate nelle varie campagne, le loro evoluzioni, i pregi e i difetti.
   282   283   284   285   286   287   288   289   290   291   292