Page 38 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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38 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
soltanto i territori abitati da italiani soggetti all’Austria, ma confini - definiti “na-
turali” - che avevano un forte significato strategico. Nella politica di Roma si era
quindi verificato un notevole salto di qualità, passando da una strategia che mirava
unicamente al completamento dell’unità del Paese, ad una strategia che ad esso
assicurasse anche una condizione di sicurezza. Significativa, su questo piano, era
anche la richiesta avanzata in un primo tempo che una parte delle coste albanesi
fosse neutralizzata e che la città di Valona fosse posta sotto amministrazione in-
ternazionale per poi prevedere, nel progetto successivo, che fosse data “in piena
sovranità all’Italia”. In questo modo Roma avrebbe potuto controllare l’accesso al
mare Adriatico, possederne in un qualche modo “le chiavi”.
Il testo del terzo telegramma inviato a Londra da San Giuliano e contenente le
ultime richieste dell’Italia in vista di una possibile alleanza con l’Intesa - battezza-
to nel frattempo telegrammone - risultò, da questo punto di vista, molto più detta-
gliato rispetto ai due precedenti. Il confine settentrionale del Paese veniva indivi-
duato con estrema precisione e, anche se quello orientale era indicato in modo più
vago, si chiedeva comunque che esso prevedesse l’assegnazione all’Italia “come
minimo” di una parte del Quarnaro che comprendesse Trieste e l’Istria. Si indivi-
duavano poi le isole dalmate da annettere ed anche le garanzie da assegnare alle
popolazioni italiane di quelle città che, come a Fiume o a Zara, non sarebbero state
soggette alla sovranità di Roma. Si affermava anche che l’Italia aveva “un inte-
resse d’equilibrio nel Mediterraneo orientale” e, in termini ancora più generali, si
parlava di Africa, di indennità di guerra e di un prestito da ottenere da Londra per
sostenere lo sforzo bellico. Ma l’aspetto forse più interessante e singolare di que-
sto ultimo progetto messo a punto da San Giuliano riguardava l’ambito strategico-
militare entro il quale lo sforzo militare italiano avrebbe dovuto contribuire alla
vittoria dell’Intesa: “La prevengo - fece presente ad Imperiali - che si deve evitare
che ci si domandi […] l’invio di parte del nostro esercito altrove che non sia con-
tro l’Austria […] oppure a rafforzare la eventuale offensiva degli Alleati contro
la Germania, verso la quale l’Italia, pur venendo fatalmente ora in conflitto, non
deve, come Ella intende, precludersi le vie dell’avvenire”. Questa indicazione era
sostenuta anche sulla base di un’osservazione che concludeva il dispaccio inviato
a Londra e che merita ugualmente di essere ricordato: “La verità è che la grande
maggioranza del paese è per la neutralità - ammetteva il ministro degli Esteri - e
che l’agitazione che si verifica a Roma ed altrove è del tutto superficiale”, ragione
per la quale se si voleva far la guerra all’Austria occorreva far comprendere alla
popolazione che una tale scelta era imposta dagli “interessi del paese”. Solo in
questa maniera il governo avrebbe potuto “far appello a tutte le forze della nazio-
ne che unanime ed entusiasta lo [avrebbero seguito] nel cimento”.
Dopo la morte, nell’ottobre del 1914, di San Giuliano ed un breve interim del
presidente del Consiglio Antonio Salandra, il dicastero degli Esteri fu assegnato a
Sidney Sonnino. Il nuovo responsabile della politica estera di Roma trovò, come