Page 42 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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42         la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana



             per cui, ove tre potenze mantengano loro emendamenti, dobbiamo con rincresci-
             mento ritirare le nostre proposte considerandole come non avvenute”.
                Sembrò quindi, a un certo momento, che proprio quando il negoziato di Lon-
             dra sembrava prossimo alla linea del traguardo, tutto dovesse essere rimesso in
             discussione. Ma molto presto le ragioni del dialogo finirono con il prevalere: il
             punto morto cui era definitivamente giunto il dialogo con Vienna e con Berlino,
             la certezza di aver comunque ottenuto una condizione di sicurezza nell’Adriatico,
             soprattutto la coscienza di dover portare a termine un disegno di unità nazionale
             che aveva impegnato la classe dirigente del Paese per molti decenni e - sul ver-
             sante dell’Intesa - l’interesse a poter contare su di un nuovo alleato in una guerra
             che si comprendeva ormai molto bene sarebbe stata lunga e dall’esito incerto,
             fecero alla fine superare gli ostacoli che si opponevano all’accordo. Fu soprattutto
             Asquith ad attivarsi per appianare un contrasto che riguardava ormai i soli rap-
             porti tra Roma e Pietrogrado. Il 6 aprile il premier britannico convocò Imperiali
             per illustrargli alcune proposte che, se favorivano l’Italia per quanto atteneva alla
             mancata neutralizzazione di una parte della costa dalmata, prevedeva dall’altro la
             cessione a favore della Serbia di Sabbioncello, precedentemente assegnata all’Ita-
             lia. Tutto questo, assicurò tuttavia Asquith, non inficiava la prospettiva che Roma
             potesse esercitare un “predominio assoluto nell’Adriatico”. Il giorno 14 di quello
             stesso mese Sonnino comunicò all’Ambasciata di Londra la propria accettazione
             di quanto proposto da Asquith, spianando in questa maniera la strada alla definiti-
             va conclusione dell’accordo con il quale si sanciva l’alleanza tra Roma e l’Intesa.
                Il Patto di Londra fu firmato il 26 aprile da Guglielmo Imperiali, da sir Edward
             Grey e dagli ambasciatori di Francia e Russia a Londra Paul Cambon e Aleksandr
             Beckendorff. Per l’Italia quella firma comportò una scelta difficile, motivata da
             ragioni che - se pure nel breve lasso di tempo intercorso tra l’inizio della crisi
             dell’estate del ’14 e l’aprile dell’anno successivo - acquisirono una più ampia e
             precisa connotazione: se infatti la spinta iniziale impressa dall’azione politico-
             internazionale di Roma aveva riguardato quasi esclusivamente il tema dell’unità
             della Nazione, ben presto ad esso si era aggiunto il problema della “sicurezza”
             del Paese. Il problema adriatico - che della sicurezza della penisola costituiva un
             aspetto fondamentale - aveva dato luogo, come si è visto, a qualche tensione nei
             rapporti con i futuri alleati, ma alla fine le concessioni fatte a favore della Serbia
             non avevano fatto venir meno il valore di un obiettivo che si era comunque so-
             stanzialmente raggiunto.
                Oltre a questo, con la firma del Patto di Londra Roma vide riconosciuti i propri
             interessi nel Mediterraneo e in campo coloniale, e vide anche eliminare il rischio
             che un riaccendersi della Questione Romana potesse rendere vulnerabile la pro-
             pria posizione diplomatica in occasione della conferenza che si sarebbe tenuta alla
             fine della guerra. Insomma, si crearono in quella occasione le condizioni affinché
             l’Italia potesse dialogare su di un piano di parità con le grandi potenze europee.
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