Page 40 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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                Fu soprattutto il problema dell’Adriatico a risentire di una tale e nuova visione
             politica: nel progetto di accordo da ultimo inviato a Londra si immaginava che
             il suo litorale orientale fosse suddiviso, procedendo da nord verso sud, sostan-
             zialmente in tre tronconi, destinato il primo alla Croazia, il secondo - da Zara al
             fiume Narenta - all’Italia e il terzo alla Serbia e al Montenegro. In questa maniera
             Roma si assicurava certamente, come aveva sostenuto De Martino negli appunti
             che Sonnino aveva trovato sul suo tavolo alla Consulta, il “dominio” sul mare che
             bagnava la costa orientale della penisola, ma immaginava che anche altri paesi
             potessero trovare un’adeguata presenza in quella stessa area marina. Sonnino si
             sforzò insomma di rendere compatibili esigenze diverse, e proprio questo lo portò
             a rinunciare, per fare solo un esempio, alla città di Fiume, pure abitata da una
             popolazione indiscutibilmente italiana. Il responsabile della Consulta previde poi,
             modificando quanto previsto da San Giuliano che salva la richiesta di Valona,
             che nella parte centrale dell’Albania dovesse nascere “un piccolo Stato autonomo
             musulmano neutralizzato” e chiese infine, per rimanere sul piano delle richieste
             territoriali, la conservazione delle isole del Dodecaneso, il riconoscimento della
             presenza italiana nella zona di Adalia “anche nell’ipotesi che permanga l’integrità
             territoriale ottomana” e adeguati compensi coloniali a spese della Germania.
                Il 3 marzo, avuta ormai la certezza che il negoziato avviato con gli Imperi
             Centrali non avrebbe prodotto alcun risultato positivo, Sonnino autorizzò final-
             mente Imperiali ad avviare una trattativa formale con l’Intesa. Il negoziato svol-
             tosi a Londra fu breve ma anche assai serrato, e confermò una previsione fatta dal
             ministro degli Esteri italiano nel telegramma inviato ad Imperiali il 16 febbraio:
             “Nel partecipare alla guerra - aveva scritto - ci troveremo a fianco alcuni compa-
             gni d’arme, certo stimabilissimi, ma che hanno, per qualche riguardo, interessi e
             ideali politici diversi e in parte perfino opposti ai nostri”. Gran Bretagna, Francia
             e Russia, in realtà, dimostrarono nel corso della trattativa con Roma di non avere
             interessi diretti differenti da quelli dell’Italia ma, su di un piano più generale,
             dimostrarono anche di essere molto sensibili - soprattutto la Russia e la Gran
             Bretagna - alle istanze di paesi che come la Grecia, la Bulgaria, la Romania e la
             Turchia non avevano ancora definito la loro posizione rispetto al conflitto in atto e
             le cui richieste per scendere in campo al fianco dell’Intesa avrebbero potuto essere
             in contrasto con le concessioni da fare all’Italia. Vi era poi il problema legato alla
             sorte delle popolazioni slave dei Balcani le cui aspirazioni nazionali, verso le qua-
             li soprattutto Londra si era dimostrata particolarmente sensibile, avrebbero potuto
             anch’esse risultare in contraddizione con i desiderata italiani.
                Data la latitudine dei problemi che si sono appena ricordati, è facile compren-
             dere come la trattativa londinese si concentrasse quasi esclusivamente sulla que-
             stione adriatica e, in misura minore, sul problema dell’equilibrio nel Mediterraneo
             e dei connessi interessi italiani nella regione di Adalia. Sir Edward Grey, che nella
             prima e più importante fase del negoziato assunse su di sé il compito di verificare
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