Page 41 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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l’attitudine anche dei governi francese e russo riguardo alle richieste italiane, le
giudicò subito “alquanto eccessive e considerevolmente oltrepassanti quelle enun-
ciate nelle conversazioni dell’agosto”; ma il 16 marzo corresse sensibilmente il
tiro, comunicando ad Imperiali che esse avevano prodotto un’impressione “com-
plessivamente favorevole”, con due sole “proposte di modificazioni: la prima atti-
nente all’estensione della costa dalmata da noi reclamata; la seconda […] relativa
alla costituzione del piccolo Stato albanese”. Quattro giorni dopo, la prima di que-
ste due questioni divenne oggetto di un promemoria consegnato ad Imperiali - che
questa volta esprimeva il punto di vista anche di Parigi e di Pietrogrado - nel quale
si sosteneva con forza la necessità che la Serbia potesse ottenere un più adeguato
sbocco al mare. Di fronte all’invito a ridimensionare le richieste adriatiche di
Roma, nei non pochi incontri che l’ambasciatore italiano a Londra ebbe con Grey
ed anche con il premier Asquith, gli argomenti utilizzati furono scelti con cura:
Imperiali sostenne in particolare che il Parlamento ed anche il popolo italiano dif-
ficilmente avrebbero accettato di sottoporsi ad una prova difficile come quella che
li attendeva senza poter ottenere una condizione di reale sicurezza in Adriatico.
Nel sottolineare una tale esigenza, Imperiali era in piena sintonia con le idee di
Sonnino il quale, il 21 marzo, aveva spiegato all’ambasciatore britannico a Roma,
sir Rennell Rodd, che “il predominio militare nell’Adriatico [era per l’Italia] di
primaria importanza, costituendo forse oggi il movente principale per accostarsi
all’Intesa”. Ancora più oltre si spinse Imperiali quando spiegò a Grey: “la nazione
non capirebbe e non ammetterebbe che l’Italia entrasse in così terribile guerra se
come risultato finale dovesse vedere il finora tanto deprecato pericolo austriaco in
Adriatico sostituito in pratica da un pericolo slavo”.
Chiarite queste posizioni, è facile immaginare il prosieguo del negoziato che
condusse infine alla firma del Patto di Londra: la Russia, della quale si fece inter-
prete quasi sempre il governo britannico, cercò di garantire alla Serbia una presen-
za sempre più significativa sulla sponda orientale dell’Adriatico, mentre Sonnino,
e a volte anche Imperiali in prima persona, fecero di tutto per difendere il “predo-
minio” italiano su quel mare. La distanza tra la posizione italiana e quella dei futu-
ri alleati apparve a volte quasi incolmabile. Quando il 1° aprile Asquith, parlando
esplicitamente a nome di tutti e tre i governi dell’Intesa, presentò ad Imperiali
un progetto che intendeva definire in maniera estremamente precisa la presenza
dell’Italia e della Serbia sulla costa orientale dell’Adriatico e che ridimensionava
i desiderata di Roma, la reazione di Sonnino fu durissima: “Non ci è possibile
accettare emendamenti elencati da Asquith a nome triplice Intesa. Potenze triplice
Intesa - scrisse all’ambasciatore a Londra - debbono comprendere che unica seria
ragione per nostra partecipazione alla guerra al loro fianco, non chiedendo noi al-
cun loro diretto sacrificio pel nostro concorso, è di assicurare il nostro predominio
militare nell’Adriatico escludendo che vi possa avere o trovare una base navale
qualsiasi altra potenza”. E concluse: “V. E. spiegherà a codesto governo motivi