Page 445 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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Atti del Congresso internAzionAle                                   445



             perfino la rivista dell’Università Catto-
             lica del Sacro Cuore “Presenza” gli de-
             dicò  sorprendentemente  la  copertina,
             dimenticando il suo feroce e blasfemo
             anticattolicesimo. Vittorio Emanuele II
             e il Conte di Cavour furono pressoché
             ignorati;  il secondo era personaggio
             non incline alla demagogia e ai gesti
             teatrali, poco “italiano” (lo chiamava-
             no “Milord Camillo”), troppo serio. Vi
             è da auspicare di non avere commemo-
             razioni della Grande Guerra che igno-
             rino il “Re soldato”.
                Oggi,  in  un  Paese  nel  quale  resta
             poco dell’Italia di Vittorio Veneto, con
             l’eccezione che i militari professionisti
             sono i degni eredi dei fanti del Carso,
             dei  marinai  di Premuda  e  dei  piloti
             della nascente aeronautica, si parla di
                                                                   Gen. Domenico Grandi,
             commemorare,  sottinteso criticamen-                   Ministro della Guerra
             te, non di celebrare l’anniversario del-
             la Grande Guerra. Nessuno si sognerebbe invece di non celebrare la Resistenza
             partigiana e il 25 aprile. Ancora fino all’inizio degli anni ’60 dello scorso secolo,
             il 4 novembre era certamente una festa di popolo, forse la più sentita tra quelle
             del calendario civile. A scuola si studiava il Risorgimento e la Grande Guerra fin
             troppo agiograficamente. Già allora però il 4 novembre non aveva più la deno-
             minazione originaria del 1922, «Anniversario della Vittoria», ma dal 1949 era la
             «Festa dell’Unità Nazionale»; oggi è «Festa dell’Unità Nazionale e Giornata delle
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             Forze Armate» . Nulla da dire sui due concetti, ma è evidente la messa tra paren-
             tesi della Vittoria, l’unica che l’Italia unitaria possa vantare e potrebbe rivendicare
             (certo sarebbe pretendere troppo ricordare quella nella guerra di Etiopia e forse
             anche quella nella guerra di Libia). Altre retoriche sono prevalse: quella della Re-
             sistenza partigiana e della Costituzione “più bella del mondo”. Così si celebra una
             sconfitta, perché essa partorì la Repubblica e fece rinascere la democrazia, mentre


             25  Il sito della Presidenza del Consiglio recita: «La data commemora la firma dell’armistizio
                 con l’Impero austro-ungarico siglato a Villa Giusti (Padova)» (http://www.governo.it/Go-
                 vernoInforma/Dossier/4_novembre/index.html, consultato il 29-12-2014); combinando
                 così un’affermazione reticente e un errore, poiché confonde firma, avvenuta il 3, ed entrata
                 in vigore. Ricordo di avere assistito alcuni anni fa ad un’importante cerimonia ufficiale per
                 il 4 novembre all’Arena di Milano. Dai discorsi fatti, tranne uno, un ascoltatore ignaro della
                 storia non avrebbe capito se l’Italia aveva vinto o perso quella guerra.
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