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442 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
la quale schierarsi, l’Italia aveva alternative diverse e alcuni politici italiani cam-
biarono posizione, a cominciare da Sidney Sonnino sostenitore nell’estate 1914
dell’entrata in guerra a fianco degli Imperi centrali perché «le cambiali bisogna
pagarle» e poi invece artefice dell’intervento con la Triplice Intesa. Il caso italiano
si distingue quindi da quelli di tutte le altre maggiori Potenze europee. Questa
è la principale peculiarità, anche se certo ve n’è un’altra: tutte le altre maggiori
Potenze europee (e il Giappone) entrarono subito in campo contro entrambi gli
Imperi Centrali, mentre l’Italia attese il 27 agosto 1916 per dichiarare guerra alla
Germania. Va però ricordato che anche gli Stati Uniti inizialmente dichiararono
guerra ad uno soltanto dei due Imperi, quello Tedesco (il 6 aprile 1917), e solo
successivamente (il 7 dicembre dello stesso anno) anche all’Austria-Ungheria.
Non fu una peculiarità italiana la scarsa comunicazione tra politici e militari,
anche se nel nostro Paese fu particolarmente cattiva. Né fu certo un’anomalia ita-
liana che il governo si impegnasse ad entrare in guerra mettendo il parlamento di
fronte ad un fatto compiuto. Il parlamento poteva sempre opporsi, se Giolitti, capo
della corrente neutralista all’interno della maggioranza liberale, avesse deciso di
battersi. Citare il Regno Unito come esempio di ruolo centrale del Parlamento
non convince. È vero che la Camera dei Comuni dibatté la questione dell’entrata
in guerra, ma non vi fu alcun voto e la decisione dipese dall’evoluzione delle
posizioni nel Gabinetto liberale e dei rapporti di quest’ultimo con l’opposizione
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conservatrice-unionista . Il sistema politico britannico si basa anche su una ferrea
disciplina dei gruppi parlamentari; non a caso il capogruppo ha il nome di Chief
Whip (frusta).
Va inoltre ricordato che pochi anni prima, in occasione della prima crisi ma-
rocchina, il 31 gennaio 1906 il ministro degli esteri Sir Edward Grey (lo stesso
del 1914) aveva dato sostanza militare all’entente Cordiale con la Francia, che
non era un’alleanza. Informando solo il Re Edoardo VII ed il Primo Ministro Sir
Henry Campbell-Bannerman ma non il Gabinetto, temendo l’opposizione di vari
ministri, aveva infatti autorizzato conversazioni tra gli Stati Maggiori britannici e
francesi al fine di preparare piani per un’eventuale guerra che avesse visto i due
Paesi alleati. La sua giustificazione fu che «non veniva trattata nessuna questione
politica» , poiché non aveva preso impegni, ma anzi accresciuto la libertà d’a-
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zione della Gran Bretagna. Infatti, se al momento di una futura crisi il governo
di Londra avesse deciso di non schierarsi con la Francia avrebbe semplicemente
16 La dichiarazione di guerra britannica del 4 agosto impegnò automaticamente anche i Dominions
(Australia, Canada, Nuova Zelanda, Terranova, Unione Sudafricana) che si auto-governavano in
politica interna, ma non in quella estera.
Osserva Ferguson che in tutti i Paesi la gestione della crisi conseguente all’attentato di Sarajevo
fu appannaggio dei Capi di Stato e di governo mentre i Parlamenti furono chiamati solo a
ratificare le spese militari.
17 A. J. P. Taylor, L’Europa delle grandi potenze, Laterza, Bari 1971, vol. II, pp. 603-4.

