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             mente perché la sua potenza era inferiore a quella di Londra. Resta il fatto che da
             parte italiana non sono talvolta mancate azioni tali da alimentare la fama di ambi-
             guità. Tra la firma del Patto di Londra, 26 aprile 1915, e la denuncia della Triplice
             Alleanza, 3 maggio, l’Italia fu di fatto alleata di entrambe le parti belligeranti.
             La rivendicazione del proprio interesse nazionale fu espressa in termini partico-
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             larmente crudi, dal «parecchio»  giolittiano al «sacro egoismo» di Salandra. In
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             un’opera del 1925, Gaetano Salvemini  descrisse l’«attitudine di alleato prov-
             visorio e di probabile nemico del dopoguerra che Sonnino [ministro degli esteri
             italiano] mantenne sempre metodicamente con i governi dei paesi alleati». Forse
             un’esagerazione polemica da parte di uno storico mosso da forte passione politica,
             però l’opera di uno dei relatori al convegno sintetizza le relazioni politico-diplo-
             matiche tra l’Italia e la Triplice Intesa durante la Grande Guerra nella formula,
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             che dà il titolo al volume, Alleati non amici . Il nazionalista Alfredo Rocco aveva
             detto il 15 agosto 1914: «Noi possiamo, per contingenze momentanee, stipulare
             alleanze. Ma non illudiamoci. Gli alleati sono soci, non sono amici».
                Al momento della dichiarazione di guerra dell’Italia, l’Imperatore Francesco
             Giuseppe I rivolse «ai suoi popoli» un proclama che si apriva denunciando «la
             perfidia senza pari nella storia perpetrata dal Regno d’Italia contro entrambi gli
             alleati» . Parole simili aveva pronunciato il 9 maggio Giovanni Giolitti, che pure
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             poi, come ha ricordato al convegno Aldo Alessandro Mola, si adeguò alla guer-
             ra con patriottica disciplina: «Spezzare il trattato [la Triplice Alleanza] adesso:
             passare dalla neutralità all’aggressione è un tradimento come ce n’è pochi nella
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             storia» .
                Come rilevato all’inizio, le commemorazioni degli anniversari presentano il
             rischio di essere influenzate dal clima politico-culturale del momento. Si pensi ad
             esempio come le celebrazioni dell’Unità d’Italia del 1911, 1961 e 2011 siano state
             molto diverse, le ultime influenzate dalla situazione politica poco brillante del Pa-
             ese, con un profluvio di opere, più o meno serie, volte a discutere se l’unificazione
             fosse stata compiuta bene o male, o addirittura se fosse stata in sé un fatto positivo
             o negativo. Durante le celebrazioni del 2011 Garibaldi ebbe la parte del leone:


             20  Come è noto, la lettera di Giolitti del 24 gennaio 1915 al suo seguace Camillo Peano affermava
                 «potrebbe essere, e non apparirebbe improbabile, che, nelle attuali condizioni dell’Europa, mol-
                 to possa ottenersi senza una guerra», ma il «molto» fu sostituito da «parecchio»;
             21  G. Salvemini, Dal patto di Londra alla pace di Roma: documenti della politica che non fu
                 fatta, Piero Gobetti, Torino 1925.
             22  L. Riccardi, Alleati non amici. Le relazioni politiche tra l’Italia e l’Intesa durante la prima
                 guerra mondiale, Morcelliana, Brescia 1992.
             23  «Ein Treubruch, dessen gleichen die Geschichte nicht kennt, ist von dem Königreich Italien an
                 seinen beiden Verbündeten begangen worden».
             24  In O. Malagodi, Conversazioni della guerra 1914-1919, a cura di B. Vigezzi, Ricciardi, Milano-
                 Napoli 1960, t. I, sub data.
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