Page 254 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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254 il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso
quadro sintetico la corposa documentazione che regolava l’impiego in operazio-
ni dell’Esercito Italiano, con specifico riferimento al combattimento offensivo.
Nulla di nuovo, quindi, ma piuttosto una puntualizzazione di concetti già noti,
a cui Cadorna aggiunse un esplicito richiamo all’importanza dell’azione fron-
tale: “Anche un’azione contro un fianco si risolve in un’azione frontale quando
l’avversario abbia spostate le sue riserve per fronteggiarla, ed un’abile difesa
potrà sempre presentarsi frontalmente contro di essa. Occorre perciò di molto
esercitare ufficiali e truppe nell’esecuzione di queste azioni frontali, le quali,
se ben condotte, presentano difficoltà molto minori di quelle che a tutta prima
appariscono.” Si raccomandava per la fanteria di «avvalersi abilmente di tut-
te le coperture e, nell’attraversare tratti scoperti in formazioni aperte e distese,
alternare sbalzi brevi a celerissima andatura con brevi soste nella posizione di
a terra», ammonendo però «se il coprirsi è diventata una necessità, questa non
deve indurre il soldato ad immobilizzarsi nei ripari». Era necessario coordinare
l’impiego della fanteria con quello delle altre armi e soprattutto con l’artiglieria.
Le sezioni mitragliatrici dovevano appoggiare col fuoco l’avanzata dei batta-
glioni. Per il successo dell’attacco era essenziale conseguire la superiorità del
fuoco sull’avversario, cercando innanzitutto di ridurre al silenzio o quanto meno
neutralizzare le artiglierie nemiche più dannose alla fanteria. Veniva ammessa la
possibilità che qualora questa prevalenza sull’artiglieria nemica non si potesse
ottenere e il terreno in cui si era costretti ad avanzare esponesse a troppo gravi
perdite le nostre fanterie, si dovrà approfittare della notte per raggiungere e trin-
cerare la posizione raggiunta. La pubblicazione concludeva così: E d’uopo che
noi manteniamo viva la fede nella riuscita dell’attacco frontale e nella efficacia
della baionetta; giacché, come potremmo, se non possedessimo noi stessi questa
fede, ispirarla ai nostri soldati per trascinarli nella zona tempestata dai proiettili
nemici? Nella descrizione dell’attacco su terreno scoperto si faceva riferimento
all’impiego dell’attrezzo leggero da parte dei fanti per scavare ripari nella fase
di avvicinamento alla distanza d’assalto e di sacchi di sabbia come copertura
nell’avanzare strisciando verso le linee nemiche. La pubblicazione non conte-
neva alcun accenno alle modalità di superamento di ostacoli quali barriere di
filo spinato, cavalli di frisia e campi minati posti dal nemico a protezione delle
proprie linee. Il fuoco di artiglieria era sempre citato in maniera molto generica,
senza specificare le varie specialità dell’arma che doveva intervenire, le azioni di
fuoco richieste in base all’evolversi della situazione tattica, le modalità partico-
lari di condotta del tiro e di collegamento tra reparti di fanteria e batterie. Nessun
accenno, inoltre, al modo di conduzione di un attacco contro posizioni trincerate,
difese da mitragliatrici o all’impiego di armi di recente adozione, quali le bombe
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a mano che erano state utilizzate fin dal 1912 in Libia .
4 È da rilevare la scarsa influenza che l’esperienza della guerra contro l’Impero Ottomano ebbe

