Page 258 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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258 il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso
nemiche anche fortemente rafforzate non offre difficoltà insormontabili; la diffi-
coltà maggiore, che occorre saper superare, è invece quella di poter conservare
il terreno conquistato, a seguito dei contrattacchi del difensore. Da qui la neces-
sità di sistemare immediatamente a difesa il terreno conquistato. L’affermarsi
sui vari fronti della guerra di posizione e l’immobilizzazione dell’esercito in
robusti e munitissimi trinceramenti, conseguenza dei perfezionamenti delle armi
da fuoco e della potenza assunta dalla fortificazione campale, non infirmava la
validità dei criteri di attacco frontale. Essi assumevano solo una maggiore len-
tezza acquisendo caratteri di metodicità. Un attacco frontale sistematico poteva
avere la durata anche di molti giorni. Le truppe dovranno evitare con cura di
scoprirsi; laddove il terreno o la sua copertura non costituiscano valido schermo
si avanzerà nottetempo; l’avanzata dovrà, ove occorra, essere protetta mediante
lavori da zappa: si costruiranno camminamenti coperti da una posizione all’altra
e si rafforzerà ogni nuova posizione con trinceramenti.” L’istruzione rimarcava
l’importanza dell’impiego dei reparti di fanteria in masse inquadrate e le azioni
di reparti isolati erano considerate un’eccezione. La pubblicazione conteneva
un solo accenno al combattimento difensivo, che comprendeva l’occupazione
di una determinata posizione e la controffensiva. Bene sappiamo oggi come la
maggior parte degli ufficiali vide, nelle nuove direttive del Cadorna, la volontà
di un attacco frontale d’impeto, dritto, rigido, anche se un esame più accurato
delle disposizioni e dei procedimenti, avrebbe potuto far individuare caratteristi-
che più flessibili nell’attacco frontale. Nella pubblicazione veniva, infatti, detto
che «l’arte consiste nello scoprire i punti difettosi delle posizioni da attaccare e
nell’accumulare i propri mezzi su quei tratti della fronte nemica (salienti) dove
il terreno non consente al difensore l’utile impiego di eguale somma di mezzi
anche se di essi dispone». Tuttavia, in quelle norme si volle vedere uno schie-
ramento uniforme di truppe ed un’avanzata ad ondate, rapida, contro il nemico,
e questo fu lo spirito con cui l’Esercito Italiano entrò in guerra nel 1915. Lo
spirito che le animava ricordava molto quello tedesco dell’offensiva ad oltranza,
affermatosi vittoriosamente nelle guerre del 1866 e del 1870, per quanto un po’
mitigato dall’esperienza delle guerre successive e specialmente dell’anglo-boera
(1899-1901) e russo-giapponese (1904-1906), analogo alla visione francese del-
l’”élan”. Veniva riconosciuta ancora l’assoluta superiorità dell’offensiva sulla
difensiva, pur ammettendo la necessità di adottare formazioni aperte e distese
con intervalli molto larghi, ed ammettendo altresì un’avanzata lenta nella zona
del fuoco per sfruttare accuratamente ed anche rafforzare il terreno. L’armamen-
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to della fanteria era costituito essenzialmente da fucile e baionetta . A questa
7 Le poche bombe a mano disponibili erano maneggiate dagli zappatori del genio, come mezzo
di guerra più da fortezza che campale. Non esistevano lanciabombe e cannoncini da fanteria. La
mitragliatrice stessa che, pur essendo già stata da tempo adottata e distribuita ai reggimenti di

