Page 260 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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260           il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso



             spiccata uniformità di armamento della fanteria corrispondeva esattamente l’u-
             nicità tipica delle sue formazioni lineari. I fucilieri erano raggruppati in nuclei
             di uguale forma, differenziati soltanto nella quantità delle forze componenti e
             senza alcuna specializzazione di compiti essenziali. Esploratori e zappatori (uni-
             che specialità) rispondevano ad esigenze ausiliarie con funzione indiretta nel
             combattimento. Ai minori livelli non esistevano riserve atte alla manovra, ma
             solo successive ondate di rincalzi da far avanzare meccanicamente sin sulla linea
             del fuoco. Lo scaglionamento in profondità fino a livello brigata era finalizzato
             esclusivamente al progressivo raffittimento dei fucilieri sulla linea di contatto, in
             modo da assicurare alle piccole distanze quella superiorità di fuoco sul nemico
             da cui doveva scaturire la spinta per l’assalto alla baionetta. La manovra concor-
             de tra fuoco e movimento, non era attuabile per l’unicità di armamento e forma-
             zioni d’attacco. Gli sbalzi in avanti di battaglioni, compagnie, plotoni, squadre
             e le azioni statiche di fuoco da parte dei fucilieri non erano coordinate al fine di
             tenere costantemente sotto tiro le posizioni nemiche. Il fuoco serviva solo ad
             appoggiare il movimento, lo precedeva ma non lo accompagnava. La principale
             lacuna dell’Attacco frontale, più che il suo carattere univoco che non consentiva
             alcuna libertà d’azione ai comandanti ed offensivista ad oltranza, consisteva nel-
             la scollatura tra i procedimenti d’azione descritti ed i mezzi a disposizione per
             metterli in pratica. Nel 1915 l’Esercito latitava grandemente di artiglierie medie
             e pesanti e di quelle leggere a tiro curvo, le uniche capaci di aprire varchi nei
             reticolati e distruggere le trincee ed i ricoveri avversari.

             Le prime “spallate” sull’Isonzo e le nuove normative sulla guerra
             di posizione
                Nel maggio del 1915, a mobilitazione già avvenuta, il Capo di Stato Maggio-
             re dell’Esercito raccoglieva in una circolare Procedimenti per l’attacco frontale
             nella guerra di trincea in uso nell’Esercito Francese alcune norme emanate in
             epoche diverse dal Comando Supremo francese e da taluni comandi di armata
             di quell’esercito. Nell’istruzione, Cadorna, riferendosi al carattere di guerra di
             posizione assunto dai combattimenti al fronte occidentale, premetteva che «il
             carattere delle nostre eventuali operazioni e la natura e la configurazione del
             terreno dove esse si svolgeranno, fanno ritenere improbabile che le nostre truppe
             debbano ricorrere ai procedimenti d’attacco contro posizioni preparate a difesa».
             Ed ancora: «Occorre accennare che questa speciale forma d’azione (la guerra di
             trincea, n.d.r.) è, da coloro medesimi che vi hanno concorso, considerata come
             un ripiego transitorio, di durata talora assai lunga, ma destinato sempre a far
             posto non appena subentrino le necessarie condizioni, ad una vigorosa azione

                fanteria, era ancora considerata come qualche cosa al di fuori dell’armamento individuale della
                fanteria e con assai limitata influenza sui suoi procedimenti tattici, specie nell’offensiva.
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