Page 209 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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                ca transitata dal già disciolto 19° all’8° Battaglione), che lottava in quei
                giorni con le insidie della montagna e con quelle del nemico, accampato
                poco lungi dal ricovero stesso. Al tramonto la volta del cielo era quasi
                completamente coperta dalle nuvole, le quali avanzavano sempre più mi-
                nacciose, spinte dalla violenza del vento. Essendo vicina l’ora del rancio,
                io, che ero in turno di riposo, mossi per primo verso la baracca. Ma avevo
                appena fatti pochi passi quando, fra un immenso fragore, vidi un enor-
                me masso di roccia rotolare e precipitare di colpo sopra il ricovero dove
                erano i miei poveri commilitoni. Fu una scena raccapricciante. Un coro
                di urli disperati si levò dal cumulo delle macerie, poi seguì un silenzio
                di morte. Il turbinio della neve sollevata dal precipitar di quei massi, mi
                offuscò per qualche istante la vista e quando cessò rimasi come inerte a
                fissare il luogo della sciagura. Frattanto, richiamati dal fragore, ecco so-
                praggiungere alcuni finanzieri, con alla testa il Capitano Francesco Ca-
                ligara, e dietro di loro alcuni bersaglieri ed alpini con i loro Ufficiali. In
                un baleno fu organizzata una squadra di soccorso e tutti ci mettemmo al
                lavoro con affannosa lena animati dalla speranza di salvare almeno qual-
                cuna di quelle giovani vite. I primi macigni cominciarono a rotolare per la
                vallata mentre il nostro Capitano andava intercalando agli ordini parole
                di commiserazione per le povere vittime. Col pianto nella gola chiamò più
                volte per nome quei miseri, poi a un tratto scoppiò in singhiozzi accorati.
                A notte alta, sotto la neve, sferzati dal vento che soffiava sempre più vio-
                lentemente, lavoravamo ancora. Ma il Capitano, considerata la inanità
                dei nostri generosi sforzi, ci ordinò di sospendere dicendoci che all’alba
                avrebbe chiamato sul posto una squadra del Genio affinché facesse roto-
                lare quei massi enormi per mezzo delle mine. Infatti, al sorgere del sole,
                sopraggiungeva la squadra del Genio militare, e verso le ore 12, dopo
                fatiche indicibili, appariva ai nostri occhi esterrefatti un lembo di giub-
                ba intriso di sangue. Scavammo, scavammo ancora e al fine, uno dietro
                l’altro, riuscimmo a dissotterrare i corpi delle povere vittime. Ma in che
                stato! Di undici, riuscimmo, a stento a riconoscerne, appena cinque. Gli
                altri sei erano ridotti a tanti brani di carne maciullata. La morte aveva
                sfigurati i loro volti! Salutati con il cuore i resti di quegli undici infelici,
                li seppellimmo degnamente e con austera cerimonia, ed ora dormono il
                loro sonno eterno fra le bianche vette della Carnia. Ma nell’animo di chi
                scrive essi vivono tuttora, né il tempo cancellerà il ricordo di quella fu-
                nesta giornata. Il Sig. Tenente Colonnello Froncillo Giuseppe, testimone
                oculare, in data 21 maggio 1942, così mi scrisse: … Vivo è poi ancora in
                me il ricordo di quella tragica scena verificatasi in Carnia il 17 gennaio
                1917, ed i nomi di tutti quei Caduti sono scolpiti nel cuore e nella mente.
                I fatti da te narrati sono fedeli in ogni particolare “.
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