Page 340 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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                Ciò che ha elevato la figura di Cascino al pubblico onore, fin dal momento
             della sua morte, è stata la confluenza di vari aspetti della sua vita e della sua in-
             dividualità, di uomo calato nel suo tempo. Il modello, a cui egli si è rigidamente
             attenuto in tutti gli aspetti della sua esistenza, ha consegnato all’opinione pubbli-
             ca il perfetto prototipo comportamentale. Un modello definito da un culto quasi
             trascendentale del dovere.
                Il suo nome fu legato a una serie di vittorie, in un momento in cui l’opinione
             pubblica italiana aveva bisogno, dopo più di un anno di guerra, di risultati tan-
             gibili, che giustificassero i sacrifici patiti, specie in vite umane. In particolare la
             presa di Gorizia galvanizzò gli animi, non solo in Italia ma anche nell’ambito
             dell’Intesa. Le vittorie di Cascino, inoltre, furono perlopiù legate ad una Brigata
             di fanteria di recente formazione, “l’Avellino”, che lui aveva tenuto a battesimo
             e forgiata. L’aver saputo trasformare, in breve tempo, una nuova unità di coscritti
             in uno strumento efficace di guerra gli fu riconosciuto dai suoi superiori, che ben
             conoscevano i problemi legati all’addestramento e al morale delle nuove reclute
             gettate al fronte. E i soldati di Cascino andavano all’assalto cantando e si face-
             vano pure ammazzare nella foga di raggiungere gli obiettivi che il loro Generale
             indicava. Lo stesso Cascino scriverà nel suo O.G. del 21 agosto 1916, dopo i fatti
             di Gorizia, «Siete partiti come giovani inesperti ed ignoranti, senza tradizioni di
             corpo, figli di nuovi ed ancora ignoti reggimenti con il solo ausilio di una vo-
             lontà pari all’acciaio delle vostre baionette, or tornate come ricchi di una storia
             secolare, fieri di aver creato alla brigata, sorta da men di tre mesi, tradizioni
             degne di lunghissima vita gloriosa». La capacità di galvanizzare gli spiriti dei
             suoi uomini e di ottenere la loro convinta partecipazione fu la qualità che fece la
             differenza, permettendogli di raggiungere gli obiettivi voluti. Le testimonianze
             in tal senso sono unanimi.
                Monsignor Mario Sturzo, Vescovo di piazza Armerina, in un libretto pubbli-
             cato nel 1919 dedicato al Generale, parlò del «fascino irresistibile esercitato da
             Cascino, riconoscendogli la particolare capacità al fronte «[…] a conquistare gli
             animi, ad unirli, a farli volere fortemente, incondizionatamente, sino al sacrifi-
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             cio della vita ». Una capacità dovuta alla sua linea di comando. Egli non fu un
             Generale da tavolino. Sempre in prima linea tra i suoi uomini, che non solo lo
             videro rischiare la vita e condividere i loro stessi disagi ma soprattutto ebbero
             modo di osservare la meticolosità con cui studiava il terreno e il nemico, con
             cui preparava le sue mosse, prendendo le misure difensive, preoccupandosi dei
             minimi dettagli, ordinando e consigliando in modo amichevole ma inflessibile.
             Gli ufficiali superiori si fidavano di lui, quelli che gli dipendevano lo seguivano
             ciecamente, ritenendolo una guida, mentre la truppa lo adorava. Consapevole


             9  Monsignor Mario Sturzo, il Generale Cascino, Società Editrice “Vita e Pensiero”, Milano
                1919, p.7.
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