Page 339 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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III SeSSIone - La condotta deLLa guerra: daLLa tradIzIone aLL’InnovazIone  339



             agosto la brigata “Avellino” e l’intera 8^ Divisione erano nuovamente in attacco.
             Venne oltrepassata Zagorie e si puntò verso il Veliki. Le azioni continuarono fino
             al 30 agosto.
                Cascino mantenne il suo Posto Comando, denominato “Sicilia 4°”, sul Monte
             Santo progettando l’attacco al San Gabriele per poi spostarlo su Zagorie in una
             caverna. Come sua abitudine, con i suoi ufficiali al seguito iniziò instancabil-
             mente a muoversi in ricognizione sulla prima linea, per studiare il terreno sul
             campo ma anche per essere al fianco dei suoi soldati. Il 15 settembre, durante una
             di queste sue “escursioni” venne ferito alla gamba da una palletta di shrapnel.
             Mentre rientrava al Posto Comando per medicarsi una granata colpì l’ingresso
             della caverna, uccidendo e ferendo molti ufficiali e soldati, compreso il medi-
             co che avrebbe dovuto prestargli le prime cure. Al solito Cascino si preoccupò
             prima dei suoi uomini, avviandoli al posto di medicazione, mentre lui vi si recò
             per ultimo a piedi. Ma si rifiutò di restare a riposo per poter continuare a seguire
             personalmente l’apprestamento delle difese dei suoi reparti. La ferita si aggravò
             e, dopo due giorni, il 17,  venne trasferito nell’ospedale mobile Città di Milano
             a Quisca. Dopo dieci giorni, il 27, morì per effetto della setticemia. Prima che
             spirasse, alla presenza dei suoi figli, gli venne conferita la Medaglia d’Argento
             al V.M., subito dopo tramutata in Oro. I fanti dell’Avellino, fattagli una grande
             corona con i fiori di campo, fornirono la guardia d’onore mentre gli Ufficiali por-
             tarono la salma in spalla. Mentre passava i soldati, in senso di rispetto, si tolsero
             l’elmetto dal capo, molti si inginocchiarono e pregarono. Il re stesso intervenne
             definendo la sua morte «una delle più gravi perdite della guerra», mentre il
             Duca d’Aosta e il Conte di Torino ne onorarono la memoria con due lettere.
                Questa è stata la vita del Generale Cascino. Indubbiamente un’esistenza to-
             talmente spesa per l’ideale della Patria. Sicuramente può essere definito un eroe,
             se per tale si intende qualcuno che trascende il piano della propria individua-
             lità, dedicandosi al perseguimento di obiettivi meta-personali e affrontando il
             sacrificio della propria vita fino anche a perderla. Ma in tempo di guerra questo
             è chiesto come normalità ed eroi, come Cascino, lo sono stati in tanti, ufficiali
             e soldati. I più in condizioni oscure e anonime, senza neanche il conforto di un
             pubblico riconoscimento. Allora agli studiosi di fenomeni storici resta da rispon-
             dere al quesito iniziale: perché il Generale Cascino è stato da subito riconosciuto
             e celebrato come eroe? Perché è stato fatto oggetto di venerazione pubblica da
             parte di autorità militari e civili come di semplici soldati e cittadini? A lui sono
             state intitolate numerosissime strade, piazze e caserme. La Regia Marina ha per-
             sino varato un cacciatorpediniere con il suo nome. Le sue gesta sono ricordate
             su lapidi e monumenti, fra tutti quello suggestivo di Piazza Armerina, sua città
             d’origine. Le sue spoglie mortali, trattate come reliquie, sono conservate in un
             sarcofago di bronzo offerto dalla città di Gorizia posto in un solenne sacello nella
             Chiesa di San Domenico in Palermo.
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