Page 194 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             ci: creò due piccole armate affidandole ai comandanti dei contingenti francese,
             Graziani, e britannico, Cavan. Benché contassero solo quattro divisioni in tutto,
             i contingenti alleati ebbero quindi una parte rilevante nell’operazione e, ulterior-
             mente, nella narrazione della battaglia, che la storiografia straniera considera,
             quando decide di trattarla, come una vittoria franco-britannica.
                La mossa di Diaz, attribuita dai suoi detrattori a debolezza o ingenuità, fu in
             realtà frutto di una ponderata decisione. Le truppe britanniche e francesi erano
             eccellenti reparti e soprattutto i britannici erano particolarmente addestrati al
             forzamento dei corsi d’acqua ed erano ansiosi di entrare in azione . Il contributo
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             alleato poi, soprattutto dal punto vista economico, era vitale per l’Italia e la du-
             rezza della polemica con Foch aveva non poco incrinato i rapporti fra Padova e
             Versailles. Diaz volle quindi compiere un gesto diplomatico distensivo affidando
             un ruolo importante agli alleati, che lo ripagarono combattendo benissimo.
                Non casualmente, però, Diaz farà scrivere all’atto della vittoria un bollettino
             in cui le forze impiegate furono minuziosamente elencate per nazionalità .
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                Benché le forze nemiche fossero effettivamente in uno stato di crescente di-
             sagio dovuto alle notizie provenienti da casa, la Terza Battaglia del Piave non
             fu né breve né facile. Attraversare il fiume fu, come era prevedibile, il passo più
             difficile. Una fila di barche avrebbe dovuto essere ancorata al letto del fiume, e su
             questa sarebbero poi state fissate le assi su cui i soldati dovevano passare. La cor-
             rente però trascinava le barche con tutte le ancore e gli uomini caduti in acqua,
             appesantiti dall’equipaggiamento, morivano annegati se non si riusciva a gettare
             subito loro delle corde. Su tutto, il fuoco incessante dell’artiglieria austriaca e
             delle mitragliatrici.
                Solo dopo quattro giorni di combattimento si poté considerare riuscito il for-
             zamento del fiume, e ce ne vollero altri tre per provocare una falla nello schiera-
             mento nemico che ne determinasse il crollo, allora sì irreversibile e totale. Il 1° i
             parlamentari austriaci chiedevano l’armistizio che, entrato in vigore dal 4, pose
             fine alla guerra.

             Un lungo silenzio
                Per Diaz fu il momento della gloria, quasi senza ombre. Il lento oblio sarebbe
             venuto dopo. Un aspetto vale la pena di essere in conclusione esaminato: le cri-
             tiche che gli furono rivolte.
                Di esse una sola ha effettivo fondamento: aver troppo atteso per la controffen-
             siva. Se avesse attaccato a settembre il fiume sarebbe stato meno ostile e anche
             se le forze erano meno pronte il successo, è probabile, sarebbe arrivato prima e


             10  MaNGoNE aNGELo, Diaz, Da Caporetto, al piave a Vittorio Veneto, Milano, Frassinelli,
                 1987, p. 185.
             11  ISNENGHI MaRIo, RoCHaT GIoRGIo, La Grande Guerra, 1914-1918, cit., p. 468.
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