Page 20 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             di quelle che in ogni epoca illudono i popoli, come il possesso della terra o la
             tutela di ciascuno rispetto agli stranieri di altra nazionalità (specie se ebrei). La
             pace di Brest-Litovsky (3 marzo 1918) fra Russia e Germania segna la fine della
             partecipazione del paese al conflitto mondiale e apre invece la guerra civile al
             suo interno tra rossi e bianchi anticomunisti.
                I problemi ai quali la Conferenza della pace deve rispondere sono molti e
             di difficile soluzione, come è agevole vedere dagli studi su quell’incontro e sui
             trattati che lì vengono conclusi, che hanno conosciuto una rilevante ricchezza nel
             periodo tra le due guerre mondiali, certamente influenzati dalla necessità politica
             di sostenere le ragioni dei vincitori ma segnati anche da tendenze revisionistiche
             originate  dalla  convinzione  che  gli  accordi  conclusi  fossero  stati  iniqui  nei
             confronti della Germania. Tale storiografia, per i temi che affronta e per i suoi
             innegabili presupposti nazionalisti e ultra-nazionalisti, conosce una sorta di oblio
             nel secondo dopoguerra quando l’attenzione degli storici si concentra piuttosto
             sullo studio dei fenomeni interni alle società. per gli Stati belligeranti, si apre
             una  fase  particolarmente  complessa,  causata  dalle  difficoltà  di  riconvertire
             in industria di pace l’industria di guerra - ormai priva di commesse belliche
             -  aggravata  dall’enorme  aumento  del  debito  pubblico  e  dall’inflazione. Tutto
             ciò non può che dar luogo a una fase di conflittualità sociale, mentre sul piano
             della politica cresce la tensione fra gli Stati a causa delle richieste di revisione
             dei  trattati  di  pace  a  favore  della  Germania  e  degli  altri  paesi  sconfitti.  La
             conseguenza principale è la crisi del liberalismo e delle istituzioni democratiche,
             fatta  eccezione  per  Francia  e  Inghilterra,  di  maggiore  tradizione  democratica
             e liberale, mentre nei paesi a più debole (o più recente) sistema democratico,
             prevarranno soluzioni istituzionali di tipo autoritario (Italia, Spagna, Germania,
             Ungheria, Romania, Jugoslavia) nel timore di una possibile affermazione delle
             idee  rivoluzionarie.  Sarebbe  comunque  riduttivo  attribuire  esclusivamente
             a  tale  elemento  il  successo  dei  movimenti  reazionari  di  massa  e  dell’ondata
             autoritaria  che  investe  in  quegli  anni  buona  parte  dell’Europa;  confluiscono
             in essi l’impoverimento per la generale crisi economica, elementi di presunta
             “modernizzazione”, il contrasto tra grande e piccola borghesia e tra queste e il
             proletariato, lotte contadine, spirito di revanche e, soprattutto, la serrata critica ai
             sistemi liberali, parlamentari e democratici.

                I nuovi Stati. Dalle ceneri di un’epoca ormai archiviata, nascevano nuove
             realtà,  frutto  di  lunghi  anni  di  conflitti  attraverso  i  quali  era  dovuta  passare
             l’autodeterminazione dei popoli, secondo la felice indicazione di Wilson, che
             troverà un riscontro limitato. Dal crollo degli Imperi plurinazionali sarebbero
             stati  costituiti  o ri-costituiti  nuovi Stati  cui  in seguito  si sarebbe aggiunto  lo
             Stato libero d’Irlanda. Dai territori dell’Impero austro-ungarico nascono: a) nel
             centro-Europa,  la  Repubblica  cecoslovacca  che  racchiude  Boemia,  Moravia,
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