Page 15 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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IntroduzIone e apertura deI lavorI 15
prepotente affermazione del revanscismo. I transalpini pretendevano la rivincita.
Non era più sufficiente la corsa alle colonie come valvola di sfogo delle tensioni
europee, nel 1906 e nel 1911 si fu sull’orlo della guerra quando la Germania
tentò, con vane azioni militari, di impedire che la Francia estendesse la sua
egemonia sul Marocco. al crescente contrasto tra Germania, Francia e Gran
Bretagna era da aggiungere la tradizionale competizione austro-russa in Europa
orientale. Entrambe le potenze progettavano di estendere la propria influenza
nell’area danubiano-balcanica e nei territori dell’agonizzante Impero ottomano,
il “grande malato d’Europa” come si usava dire negli ambienti politici e
diplomatici dell’epoca. L’Italia si trovava in una situazione particolare, con un
forte irredentismo, notoriamente in contrasto con l’Impero asburgico, storico
nemico del Risorgimento italiano. Nel 1866 si era combattuta la Terza Guerra
d’Indipendenza e l’Italia aveva approfittato del conflitto austro-prussiano per
risolvere con le armi la controversa Questione Veneta, ma per gli irredentisti
l’unità d’Italia non era comunque compiuta. Il movimento antiaustriaco mirava
al riscatto del Trentino e della Venezia Giulia, meno significativa era la sua
variante antifrancese, tesa al recupero di Nizza e della Savoia. Dopo i deludenti
risultati del congresso di Berlino (1878) che assicurava all’austria una accresciuta
influenza sui Balcani contro gli interessi dell’Italia, la propaganda per la
“redenzione” delle province in mano allo straniero conquistò l’opinione pubblica,
alimentandosi degli ideali risorgimentali. Mentre all’interno del paese erano
attivi organismi come l’associazione in pro dell’italia irredenta, nel Trentino e
nelle terre giuliane si tenevano manifestazioni separatiste. Il governo italiano,
imbarazzato dal sistema d’alleanza, evitava ufficiali prese di posizione in favore
di queste rivendicazioni. Non soltanto la questione di Trento e Trieste, ma anche
l’estensione dell’influenza austro-ungarica nei Balcani irritava Roma. Secondo
gli accordi, ogni eventuale estensione asburgica in quell’area avrebbe dovuto
corrispondere a un equo compenso per l’Italia. I rapporti tra le due potenze non
erano dei migliori, ma tuttavia si trattava di paesi alleati; nel 1882 la Triplice
alleanza aveva legato Berlino, Roma e Vienna. Le ragioni di una simile scelta
– in netto contrasto con la storia risorgimentale italiana – vanno ricercate in
africa. Nel maggio del 1881, la Francia aveva imposto il proprio protettorato
sulla Tunisia e questo atto era passato alla storia come lo “schiaffo di Tunisi”
incassato da un’Italia insicura e ancora troppo debole per progettare avventure
coloniali già in voga tra le potenze. La Tunisia era considerata la naturale
appendice italiana al di là del Mediterraneo e l’inaspettato sbarco transalpino
aveva pericolosamente interrotto le relazioni diplomatiche italo-francesi. Gli
ambienti militari italiani avevano ventilato l’ipotesi di una guerra e non era stata
esclusa una possibile invasione francese della penisola. Diplomaticamente
isolata, Roma era diventata un’allettante alleata per la Germania di Bismarck che
mirava a isolare la Francia. Il cancelliere tedesco aveva proposto all’Italia di far