Page 13 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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IntroduzIone e apertura deI lavorI                                   13



             interessi  degli  storici,  dei  sociologi,  degli  economisti,  dei  letterati,  possano
             procedere insieme per affrontare in estrema analisi la dissoluzione dei grandi
             Imperi  multinazionali,  il  militarismo e  l’espansionismo,  l’autodeterminazione
             dei popoli, il ruolo della propaganda, le specifiche strutture militari, l’azione dei
             volontari, la realtà delle minoranze. Il contributo delle fonti è essenziale - fonti
             ufficiali come i documenti degli archivi pubblici e fonti private in varie forme,
             di corrispondenza, di diario, di romanzo – e arricchisce di continuo l’offerta di
             nuove informazioni e suggestioni.
                Il  secolo  XIX  è  stato  il  periodo  in  cui  sembravano  maturare  i  postulati
             dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese con la diffusione delle idee laiche,
             liberalmassoniche, democratiche in contrapposizione all’ordine internazionale -
             reazionario e conservatore - sancito dal Congresso di Vienna (1814-1815) e dalla
             Restaurazione dopo le guerre napoleoniche. Quel “colpo di pistola udito in tutto
             il  mondo”  con  il  quale  il  serbo  Gavrilo  princip  uccide  l’arciduca  Francesco
             Ferdinando a Sarajevo in una data decisamente simbolica - quella dell’anniversario
             dell’ultima, epica resistenza serba all’avanzata degli ottoma ni, la battaglia del
             Kosovo polje (la piana dei Merli) del 28 giugno 1386 - manifesta tutta la rabbia
             e la disperazione che le sofisticate al chimie politiche delle relazioni internazionali
             non erano riuscite a governare. L’attentato di Sarajevo è solo la miccia che segna
             il punto di non ritorno, attraverso quel colpo di pistola deflagravano tensioni,
             rivalità, aspirazioni, avidità, contrasti che avevano accompagnato la storia del
             Vecchio  Continente  per  un  secolo.  Esplodeva  così  la  “primavera  dei  popoli”
             (Tamborra) che tendeva scardinare il dominio dei grandi Imperi plurinazionali
             per  liberare  popolazioni  sacrificate  dagli  interessi  della  politica  delle  grandi
             potenze. Il “risveglio delle nazionalità non storiche” (Bauer), prevalentemente in
             Europa orientale, trascinava il continente nelle rivolte degli anni 1820, 1830 e
             nella deflagrazione rivoluzionaria del 1848. Risorgimento italiano e Risorgimento
             europeo,  Giovine  Italia  e  Giovine  Europa,  entità  storiche  che  faticosamente
             resistevano alle forze centrifughe, erano frutto di tensioni sempre più evidenti
             trascinando nel disordine Budapest, Venezia, Vienna e praga dove si tenne il
             primo congresso panslavo della storia. La cruenta stagione terminò l’anno dopo,
             nel 1849, con la vittoria delle forze reazionarie che non riuscirono tuttavia ad
             annichilire definitivamente le aspirazioni nazionali. Era destinato a essere questo
             il leit-motiv dell’ottocento europeo contrassegnato da lotte nazionali e repressioni
             statali, segno inequivocabile di un titanico scontro tra forze rinnovatrici e poteri
             conservatori,  tra  nuovo  e  vecchio  ordine.  Tra  la  fine  secolo  e  l’inizio  del
             Novecento  alcuni  popoli  riuscirono  a  raggiungere  l’anelata  indipendenza  ma
             rimanevano ancora molte questioni in sospeso legate alla completa sovranità di
             diverse  province  e  soprattutto  il  riconoscimento,  da  parte  degli  Imperi
             plurinazionali, di tante minoranze. Intere generazioni furono travolte dai lunghi
             anni  di  guerra  affrontati  con  rassegnazione  -  la  guerra  come  ineluttabile
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