Page 201 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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metà ufficiali inferiori e il resto sottufficiali e soldati, per spiegare loro contenuti
e tecniche di propaganda; per gli altri furono emanate apposite circolari. Era
preferibile che gli ufficiali svolgessero l’attività nella loro brigata o divisione, in
forma semplice e non formale, senza avvertire in precedenza la truppa, in un’ora
non troppo soleggiata ma neppure troppo vicina a quella del rancio -«l’eventuale
ritardo del quale è causa di grande preoccupazione per il soldato»-, ed iniziando
il discorso in una forma nuova -«leggendo una notizia su di un giornale, o, ma-
gari, con qualche battuta scherzosa»-: insomma era necessario fare «in modo che
essi [i soldati] abbiano l’impressione, invece che di essere comandati ad ascol-
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tare una conferenza, di trovarsi ascoltatori e partecipi di una conversazione ». I
graduati e i soldati prescelti per le conferenze ebbero agevolazioni e la possibilità
di scegliere se parlare di fronte al proprio reggimento o ad altri, come preferì la
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maggioranza tra loro . Venne inoltre organizzata una propaganda specifica per
gli ufficiali, che secondo Capello non avevano sufficiente spirito nazionale: oltre
retto il ten. col. Casati fu il capo del servizio p della 5ª armata e, nel 1919, partecipò ai lavori
di Versailles. Nominato senatore nel 1923, fu ministro dell’Istruzione di Mussolini al posto
di Giovanni Gentile dal 1924 al gennaio 1925, quando passò all’opposizione. Nel Comitato
di Liberazione Nazionale rappresentò il partito Liberale e, dopo la liberazione di Roma, fu il
ministro della Guerra durante i due ministeri Bonomi. Deputato alla Costituente, fu senatore
di diritto fino al 1953, due anni prima della morte. Di Casati, protagonista anche della vita
culturale italiana (prima della Grande Guerra fu fondatore della rivista “Rinnovamento” e
finanziatore della “Voce”, poi fu direttore del Museo del Risorgimento di Milano) purtroppo
non abbiamo una biografia più approfondita di quella contenuta nel volume di a. Monticone,
Tre cattolici liberali: alessandro Casati, Tommaso Gallarati Scotti, Stefano Jacini, a cura di
alessandro pellegrini, adelphi, Milano 1972, pp 145-203.
16 2ª armata, Criteri per le conferenze, circ. 2389/op, 25 giugno 1917, firmata da Capello. aUS.
SME E1/115/Conferenze.
17 2ª armata, senza oggetto, circ. 3074/op del 24 luglio 1917 firmata da Capello; aUS.SME,
E1/115/Conferenze. La scelta dei soldati prescelti di parlare dinanzi a truppe non conosciute
può essere interpretata come un sintomo di una certa maldisposizione dei soldati di fronte ai
conferenzieri, avvertiti come “estranei” o imboscati. Esortare alla guerra avrebbe significato
essere considerati come volontari -o almeno favorevoli al conflitto- e i volontari non erano
ben visti dai propri compagni; inoltre, per parlare di fronte ad un pubblico era necessario
saperlo fare e, in un esercito i cui fanti provenivano in gran parte dai campi, tenere una confe-
renza significava marcare il proprio status sociale “diverso”. Cfr. p. FUssel, La Grande Guerra
e la memoria moderna, Il Mulino, Bologna 1984 (oxford 1975), pp. 106-115; E.J. leed, Terra
di nessuno. Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra mondiale, il Mulino,
Bologna 1985 (Cambridge U. p. 1979), pp. 112-130. Giuseppe Ungaretti scrisse: «M’ero fatto
un’idea così rigorosa, forse assurda, dell’anonimato in una guerra destinata a concludersi,
nelle mie speranze, colla vittoria del popolo, che qualsiasi cosa m’avesse minimamente di-
stinto da un altro fante, mi sarebbe sembrata un odioso privilegio e un gesto offensivo verso
il popolo al quale, accettando la guerra nello stato più umile, avevo inteso dare un segno di
completa dedizione». g. Ungaretti, Vita di un uomo. Tutte le poesie, a cura di Leone piccio-
ni, Mondadori, Milano 1969, pp. 521-2.

