Page 422 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             “learning organization”, un processo nel quale è impossibile individuare punti
             di discontinuità. Del resto sarebbe ingiusto farlo, dal momento che l’esercito di
             Vittorio Veneto era la naturale evoluzione dell’esercito del Carso e dell’Isonzo
             e il frutto delle lezioni apprese a partire dal maggio del 1915. A sottolinearlo sta
             il fatto che nell’ultimo anno di guerra non si ebbero cambiamenti rilevanti nella
             struttura delle unità di fanteria. L’obiettivo di fondo restava la ricerca di solu-
             zioni che consentissero di armonizzare fuoco, movimento e urto anche ai livelli
             minori, un obiettivo che, con la specializzazione dei compiti, l’aumento delle
             armi automatiche e l’assegnazione di armi a tiro curvo, poteva dirsi almeno in
             parte raggiunto.
                All’inizio del 1918 la forza della compagnia  di fanteria era di 150 uomini,
             ripartiti in quattro plotoni, e una sezione pistole-mitragliatrici, con una forte ri-
             duzione rispetto ai 250 fucili del 1915 compensata dall’incremento delle armi
             automatiche. In febbraio un altro passo nella direzione di una sempre maggiore
             efficienza fu fatto con la trasformazione di uno dei quattro plotoni in plotone
             misto, destinato a raccogliere tutti gli elementi ausiliari del comando di compa-
             gnia, contabili, trombettieri, portaferiti, sarto, calzolaio, e gli addetti a compiti
             particolari, quali portaordini, segnalatori, staffette dei posti di corrispondenza,
             vedetta per i gas.  I tre plotoni ordinari, della forza di un ufficiale e 40 uomini di
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             truppa divisi in quattro squadre, venivano così a essere costituiti esclusivamente
             da combattenti e dovevano essere mantenuti integri, con la sola possibile ecce-
             zione delle assenze per cause di forza maggiore, come licenze e malattie. L’unità
             del plotone e della squadra veniva quindi salvaguardata, riconoscendone il ruolo
             di pedine elementari del combattimento e soprattutto valutando correttamente
             l’importanza di avere un buon livello di affiatamento, sostenuto dall’abitudine a
             vivere, addestrarsi e combattere insieme.
                Anche a livello di battaglione e di reggimento, all’alleggerimento degli or-
             ganici imposto anche dalla carenza di complementi, si accompagnarono il mol-
             tiplicarsi delle specializzazioni e il proliferare dei mezzi di combattimento, il
             che incrementava le possibilità d’azione, garantendo l’aderenza del supporto di
             fuoco fino alle minime distanze e ricombinando così in un tutto armonico fuoco,
             movimento e urto, un risultato che aveva come presupposto irrinunciabile il per-
             fetto coordinamento tra i diversi elementi in gioco.
                Durante la Battaglia del Solstizio al Comando Supremo non sfuggì che, so-
             prattutto sul Montello e lungo il Piave, la fanteria si era trovata in difficoltà
             a causa del frantumarsi dell’azione in una miriade di episodi slegati nei quali



             17  Comando  Supremo,  Ufficio  affari  Generali,  Ripartizione  della  forza  della  compagnia,
                 Circolare n. 6125 del 15 febbraio 1918. La circolare non modificava la composizione del
                 plotone ordinario, che rimaneva composto da due squadre fucilieri, una squadra lanciatori di
                 bombe a mano e una squadra lanciatori di bombe da fucile.
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