Page 418 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             dovesse essere superato piuttosto che forato, e dopo essere stata riproposta nella
             sua opera più nota, Il Dominio dell’Aria, questa convinzione avrebbe costituito
             l’elemento centrale e innovativo della sua visione della “difesa nazionale”: “Le
             forze terrestri e marittime, l’Esercito e la Marina, avevano fino ad oggi rappre-
             sentato l’usbergo e la spada della nazione. Oggi non ne rappresentano l’usbergo
             perché non sono idonee a difendere la Nazione se un nemico convenientemente
             armato intendesse distruggerla e non ne rappresentano la spada più acuta per-
             ché la loro capacità offensiva e di gran lunga inferiore alla capacità offensiva
             di una forza aerea”.
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                Nel  1919  questa  visione  gli  avrebbe  ispirato  un  romanzo  fantascientifico,
             in linea con il gusto del tempo, che ipotizzava una repentina conclusione della
             Grande Guerra con la vittoria totale dell’Intesa grazie all’intervento di una forza
             aerea interalleata in grado di portare morte e distruzione nelle città tedesche.
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             Entrata in campo proprio quando la Germania si apprestava a schierare carri
             armati e sommergibili di nuova concezione, questa armata aerea ne aveva pie-
             gato la volontà di combattere con pochi ma devastanti colpi di maglio. E’ una
             visione in cui si inquadrano sia l’idea della distruzione integrale, attraverso la
             quale l’offesa aerea può raggiungere tutta la sua efficacia materiale e morale, sia
             l’impiego delle armi chimiche, con le quali questa azione cessa di essere istanta-
             nea e lineare per protrarsi nel tempo e svilupparsi in volume. Il bombardamento
             aereo in chiave strategica, con l’impiego delle più terribili armi di distruzione,
             era per Douhet il mezzo per evitare un prolungato confronto di attrito e arriva-
             re rapidamente a una decisione, evitando lutti e distruzioni maggiori:  “Più le
                                                                           14
             armi avranno effetti rapidi e terrificanti, più presto giungeranno sui centri vi-
             tali, più profondamente agiranno sulle resistenze morali, e più la guerra si farà
             realmente civile, perché più ne verranno limitati i danni in ordine al complesso
             dell’umanità. Più le armi potranno gravemente offendere la generalità dei citta-
             dini e toccare direttamente i loro interessi, più rare si faranno le guerre, perché
             nessuno potrà dire: armiamoci e partite”.
                Concetti analoghi si possono ritrovare negli scritti di altri autori di quel perio-
             do. Per rimanere ai più noti, a prescindere dalle affermazioni dello statunitense
             William Mitchell in merito all’opportunità di colpire con il bombardamento ae-
             reo obiettivi civili, identificati con l’espressione “industrial population”, e dalla
             sua consapevolezza del pericolo rappresentato dalle armi chimiche,  è doveroso
                                                                        15
             ricordare i britannici John Frederick Charles Fuller e Basil Henry Liddell Hart.


             12  Giulio Douhet, La Difesa Nazionale, G. Berlutti Ed., Roma, 1925, pag. 48.
             13  Giulio Douhet, Come finì la Grande Guerra. La vittoria alata, Ed. L’Eloquenza, Roma, 1919.
             14  Giulio Douhet, Il Dominio dell’aria e altri scritti, pag. 221.
             15  Tappero Merlo G., William Mitchell e la dottrina militare degli Stati Uniti tra le due guerre
                 mondiali,  Ufficio Storico Stato Maggiore aeronautica, Roma, 1993, pp. 78-79.
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