Page 415 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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Relazioni di chiusuRa                                               415


             tina inversione di tendenza e che, nel suo dinamismo, racconta anche di quel
             ritorno alla manovra che caratterizzò a livello tattico le operazioni dell’estate e
             dell’autunno. Su tutti i fronti, infatti, l’evoluzione degli eserciti li aveva messi
             in grado di andare oltre le soluzioni di tipo lineare della prima fase del conflitto
             e, grazie alla specializzazione della fanteria, ben lontana ormai dall’essere una
             massa omogenea armata di fucile e baionetta, all’integrazione della sua azione
             con quella dell’artiglieria, allo sfruttamento della terza dimensione in un conte-
             sto non più solo terrestre ma autenticamente aeroterrestre, di condurre la batta-
             glia in modo più dinamico e, in ultima analisi manovrato, sia nell’offensiva che
             nella difensiva.
                Una sintesi altrettanto efficace non dell’ultimo anno di guerra ma dell’intero
             conflitto è invece quella proposta nel 1925 da Giulio Douhet, forse uno dei mag-
             giori pensatori militari di tutti i tempi e certo del XX secolo: “La grande guerra
             fu essenzialmente: guerra di popoli; sostanzialmente: guerra industrializzata;
             formalmente: una sola, immensa e lunghissima battaglia”.
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                Guerra di popoli non solo perché le nuovi armi, e in particolare l’aviazione,
             facevano svanire la distinzione tra combattenti e non combattenti potendo colpi-
             re in profondità nel territorio avversario, ma perché a decidere l’esito della lotta
             era stato in ultima analisi il confronto tra la potenza materiale e morale delle
             nazioni, delle quali gli eserciti erano soltanto una manifestazione.
                Guerra industrializzata, non solo per lo sforzo richiesto agli apparati produt-
             tivi nazionali per equipaggiare e alimentare gli eserciti al fronte, ma anche per il
             ricorso inevitabile a soluzioni che molto dovevano all’organizzazione scientifica
             del lavoro per gestire numeri senza precedenti in termini di mezzi e materiali.
             Nella guerra franco-prussiana del 1870-71 l’artiglieria tedesca aveva sparato in
             media 199 colpi per bocca da fuoco in cinque mesi di campagna, nel 1914 la
             stessa artiglieria era entrata in campagna con una dotazione di 1.000 colpi per
             pezzo che si era esaurita nell’arco di cinque o sei settimane,  nel 1918 il consumo
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             di munizioni era enormemente superiore poteva arrivare anche a 400 o 500 colpi
             al giorno per pezzo e l’azione di controbatteria finalizzata alla distruzione di una
             batteria avversaria poteva richiedere dai 400 ai 600 colpi di medio calibro. Sem-
             pre nel campo della logistica, se nel 1870 i nove decimi del fabbisogno di una
             divisione erano costituiti dal cibo per gli uomini e dal foraggio per i cavalli, nel
             1916 i due terzi dello stesso fabbisogno erano rappresentati dalle munizioni e da
             mezzi e materiali del genio, in una gamma che andava dal filo spinato alle tavole
             di legno per le baracche e il rivestimento dei ricoveri.
                Se si considera poi che, a differenza di quanto era accaduto nelle guerre del
             passato, tutto doveva affluire dalle retrovie, si comprende ancor meglio il si-



             4   Giulio Douhet, Sintesi critica della Grande Guerra, G. Berlutti Editore, Roma, 1925, pag. 19.
             5   Martin van Creveld, Command in War, Harvard University press, 1985, pp. 184-185.
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