Page 420 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             mese vide riuniti a Roma i rappresentanti delle cosiddette nazionalità oppresse,
             presso l’Ufficio Stampa e Propaganda del Comando Supremo, che già aveva
             visto crescere compiti e organici in relazione all’azione da svolgere sulle pro-
             prie truppe, si insediò la Commissione Centrale Interalleata per la Propaganda
             sul Nemico. Presieduta dallo stesso capufficio, colonnello Camillo Grossi, com-
             prendeva un commissario italiano, il maggiore Ugo Ojetti, giornalista e scrittore
             di talento, un ufficiale francese, uno britannico, uno serbo e uno statunitense. Suo
             compito era indirizzare l’azione di propaganda fissando i contenuti dei messag-
             gi, i tempi per la loro diffusione, le zone, o le unità, da raggiungere, e a questo
             scopo si avvaleva della consulenza di delegati, militari e civili, dei comitati delle
             diverse nazionalità soggette all’impero asburgico. All’epoca il solo veicolo uti-
             lizzabile per un’azione di propaganda era la carta stampata e l’unico modo per
             diffondere un qualunque messaggio a una qualche distanza oltre le linee era il
             lancio di manifestini e giornali da mezzi aerei. Dal 15 maggio al 1° novembre
             1918 furono lanciati entro le linee avversarie 643 tipi di manifestini, per un totale
             di 59.912.000 copie, e 112 numeri di giornali, per 9.391.500 copie, e l’impor-
             tanza di questo tipo di missioni era ben chiara ai comandi, come dimostra una
             comunicazione del Comando Superiore di Aeronautica datata 7 luglio 1918: “Le
             informazioni che pervengono al Comando Supremo sulle condizioni materiali e
             morali del nemico e sugli effetti della nostra propaganda a mezzo del lancio di
             manifesti stanno a dimostrare l’importanza sempre crescente di questa e fanno
             ritenere con fondamento che i risultati con essa conseguiti sono, nell’attuale
             momento, persino più efficaci di quelli dovuti alle azioni di bombardamento”.
             Per un’azione più diretta sui reparti in linea si ricorreva alle cosiddette pattuglie
             di contatto, organizzate dagli uffici ITO e composte da elementi reclutati tra i
             prigionieri di guerra e i disertori cechi, slovacchi, rumeni e iugoslavi. Inviate
             nottetempo verso le posizioni avversarie, queste pattuglie dovevano seminare
             il dubbio e invitare alla diserzione con regali e lusinghe di buon trattamento, e
             soprattutto con il richiamo al tema della libertà e dell’indipendenza della comune
             patria d’origine.
                Nel corso del 1918 l’attività oltre le linee fu vivace e intensa anche per l’im-
             pulso che venne dato alle cosiddette operazioni di “piccola guerra”, come veni-
             vano definite le incursioni oltre la terra di nessuno, riprendendo un argomento
             già affrontato a più riprese da Cadorna con l’obiettivo di andare oltre la prassi
             dell’esplorazione della terra di nessuno e del controllo dei reticolati, e l’occa-
             sionale tentativo di catturare qualche vedetta avanzata. Nel corso del 1917 il
             rendimento del Regio Esercito in questo tipo di operazioni era così gradatamente
             migliorato, anche grazie all’entrata in linea dei primi reparti d’assalto, e all’ini-
             zio del 1918, superata la crisi dell’autunno, esistevano le premesse per dar loro
             un nuovo impulso. Sul finire di marzo Diaz diramò una breve ma importante
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