Page 419 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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Relazioni di chiusuRa 419
Nel suo The Reformation of War, scritto nel 1922 ma pubblicato nel 1923, Ful-
ler, da molti considerato il “padre” delle forze corazzate, oltre a confermarsi un
fautore della meccanizzazione degli eserciti, necessaria per restituire al concetto
di manovra il suo autentico significato, si dimostra un convinto sostenitore della
guerra chimica in cui vede il mezzo per arrivare a una soluzione del conflitto in
tempi brevi e con un costo contenuto in termini di vite umane. La sua visione è
per molti versi similare a quella di Douhet, in particolare quando dichiara che se
la morte di qualche migliaio di uomini, donne e bambini può evitare stragi come
quelle che si sono verificate sui campi di battaglia di Francia, allora “un attacco
aereo è certamente un metodo più umano di quelli tradizionali”. Anche Liddell
Hart, sia in Paris or the future of war, dato alle stampe nel 1925, che in The
Remaking of Modern Armies, pubblicato nel 1927, nel dedicare ampio spazio al
tema della meccanizzazione, tanto da ipotizzare l’effetto risolutivo di formazioni
corazzate altamente addestrate lanciate in profondità contro le linee di comuni-
cazione e i centri nevralgici dell’avversario, non può prescindere dall’impatto
degli attacchi aerei e ribadisce che l’uso dei gas sarebbe stato inevitabile nelle
guerre future. Le teorie di Douhet, Fuller e Liddell Hart risentono del segno pro-
fondo lasciato dalla Grande Guerra e sono tutte ispirate dal desiderio di evitare il
ripetersi di quello scenario. Se si esclude l’aspetto delle armi chimiche, destinate
di lì a breve a uscire di scena pur continuando a estendere la loro ombra minac-
ciosa fino ai giorni nostri, è facile cogliere nell’attenzione per le potenzialità del
velivolo e del carro armato la ricerca ossessiva di una soluzione alla guerra di
posizione e un’anticipazione di modalità operative che avrebbero caratterizzato
i conflitti successivi.
Nel ritornare alla Grande Guerra, il conflitto vede un’evoluzione delle forme
e del linguaggio della propaganda che diventano sempre più sofisticati e mirati,
abbandonando i temi aulici dei primi tempi per toccare argomenti di più imme-
diata presa sulle masse, assumendo le caratteristiche di vere e proprie operazioni
di guerra psicologica modernamente concepite. Nel 1918, in particolare, mentre
sale alla ribalta l’azione di sostegno al morale del combattente, viene rilanciata
l’azione di propaganda sul nemico, gestita a livello centrale dall’Ufficio Stampa
e Propaganda del Comando Supremo e a livello periferico dagli Uffici ITO (In-
formazioni Truppe Operanti) delle armate. Se l’esercito al fronte sembra mante-
nersi saldo, all’interno della monarchia danubiana i contrasti tra i vari popoli si
fanno sempre più forti e molto diffusa è ormai l’insofferenza per il predominio
dell’elemento tedesco e di quello magiaro. Tutto ciò apre grandi opportunità per
un’azione di guerra psicologica in cui rientrano sia l’appoggio alle aspirazioni
irredentiste, con il riconoscimento dei governi in esilio e la formazione di legioni
di volontari reclutati soprattutto tra i prigionieri di nazionalità ceco-slovacca, sia
il massiccio ricorso all’arma della propaganda.
Nell’aprile del 1918, in concomitanza con il congresso che tra l’8 e il 12 del

