Page 414 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             possibile l’imposizione di una pace immediata o almeno una penetrazione abba-
             stanza profonda nel territorio germanico che rappresenti una diretta pressione
             sulla volontà del nemico”.
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                Proprio in quei giorni però il fronte occidentale si rimetteva in moto, e questa
             volta la successione di offensive lanciate in sequenza dalle armate dell’Intesa,
             pur senza realizzare un vero sfondamento, costringeva l’esercito tedesco a una
             serie ininterrotta di ritirate. Il primo a convincersi della possibilità di arrivare a
             una decisione già nel 1918 fu probabilmente il comandante della British Expe-
             ditionary Force, feldmaresciallo Douglas Haig, e prima della metà di settem-
             bre anche Ferdinand Foch, il comandante supremo delle forze alleate, arrivò
             a maturare la stessa convinzione. Quando all’inizio di ottobre venne superata
             senza troppe difficoltà anche la linea Hindenburg, fu chiaro che ormai era solo
             questione di tempo. Gli Imperi Centrali potevano però ancora sfruttare il fattore
             spazio per arrivare all’inverno e cercare una pace negoziata nel 1919. A far pre-
             cipitare gli eventi furono proprio gli avvenimenti su quei teatri di guerra che nel
             rapporto di di Robilant erano stati definiti secondari, e primo fra tutti sul fronte
             italiano, dove, rotta la solida corazza delle prime linee, il Regio Esercito aveva
             potuto dilagare nelle retrovie austro-ungariche imponendo l’armistizio alla Du-
             plice Monarchia e minacciando di investire da sud la Baviera. Al riguardo una
             significativa testimonianza è quella dell’ambasciatore tedesco a Vienna, conte
             Carl von Wedel, che, appresa la notizia dell’armistizio di Villa Giusti, si affrettò
             a telegrafare in questi termini al suo governo:  “Le condizioni imposte rappre-
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             sentano una capitolazione pura e semplice e non c’è da dubitare un istante che
             sia formulata in modo da potere attaccare la Germania da questa parte. Se non
             otteniamo l’armistizio comincerà la marcia dell’Intesa nell’Austria e nell’Un-
             gheria, con la partecipazione effettiva degli czechi, degli ungheresi e degli ju-
             goslavi, mentre l’Austria tedesca, malgrado l’intima indignazione, rimarrebbe
             spettatrice impotente.”.
                Ribadita così l’importanza della Battaglia di Vittorio Veneto, senza con que-
             sto negare la centralità del fronte occidentale nel quadro generale del conflitto,
             e ripercorsi sinteticamente gli avvenimenti militari di quella fatidica estate, è
             evidente che la campagna del 1918 ben si presta a essere riassunta con le parole
             che Chesterton fa pronunciare al buon Re Alfredo, nel momento in cui la grande
             armata danese, vera e propria migrazione armata che stava per sommergere l’In-
             ghilterra, viene battuta a Ethandun e messa in rotta: “l’alta marea, l’alta marea
             e il riflusso”. E’ un’immagine che visualizza in modo molto efficace una repen-



             2   Consiglio Supremo di Guerra, Sezione Italiana, Disegni d’operazione per gli anni 1918-1919,
                 n. 3788 del 14 agosto 1918.
             3   adriano alberti, Testimonianze  straniere  sulla  guerra  italiana  1915-1918,  Ministero  della
                 Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Ufficio Storico, 1936, pag. 290.
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