Page 388 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
delle sue istituzioni e delle sue leggi; non possiamo oltre delegare questo potere né
ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti».
Il Prefetto dalla Chiesa durante il ce-
lebre discorso tenuto ai Maestri del
Lavoro il 1° maggio 1982 a Palermo.
Foto Archivio RCS
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Nel suo intervento «a braccio», il Prefetto declinò altri due concetti. Il primo è quello
di voler affermare un principio assoluto, forse smarrito dalle Istituzioni e dai Cittadini
palermitani nei lunghi anni di soggezione alla violenza e alla ferocia della mafia: la
dignità di una cittadinanza attiva che consenta «di poter guardare in faccia l’inter-
locutore senza abbassare gli occhi […] poter guardare in viso i nostri figli e i figli dei
nostri figli senza avere la sensazione di doverci rimproverare qualcosa, poter guardare
ai giovani per trasmettere loro una vita fatta di sacrifici, di rinunzie, ma di pulizia».
Il suo pensiero, in quei primi momenti, corre diretto alle nuove generazioni. Egli
già sa bene, alla luce delle due precedenti esperienze vissute sul territorio siciliano,
quanto la «società civile» possa essere stata pervasa e corrosa da una cultura ma-
fiosa invasiva e metastatizzata; quindi, sceglie e dichiara apertamente quale sarà il
centro di gravitazione della sua azione, a chi dedicherà ogni sua risorsa: i giovani,
«per trasmettere loro una vita fatta di sacrifici, di rinunzie, ma di pulizia». A loro
aveva già fatto esplicito riferimento in un passo della famosa intervista rilasciata il 7
marzo 1981 a Enzo Biagi: «[…] personalmente amo i giovani. Li amo perché sono
semplici, sono di pasta buona, hanno gli occhi puliti e ne sono spesso ricambiato».
Infine, il Prefetto dalla Chiesa lanciò un appello all’unità fra le istituzioni e i cittadini
siciliani, per non «restare vittima di chi prevarica, di chi attraverso il potere lucra […]
perché anche chi è animato da entusiasmo, anche chi crede, come crede colui che in
questo momento vi sta parlando, ha bisogno di essere sostenuto, di essere aiutato, di
sentire di vivere in mezzo a chi crede perché, tutti credendo, possiamo raggiungere
la meta che auspichiamo: la tranquillità, la serenità».
Più che un discorso istituzionale si tratta, in realtà, di un vero e proprio manifesto di
mobilitazione rivolto a tutti i cittadini e, soprattutto, ai giovani, con i quali sembra
che il Prefetto voglia rimpolpare le file del suo costituendo esercito contro la dilagante
cultura mafiosa. A chi sospettava, temeva o paventava l’avvento di un nuovo «Prefetto
di ferro» sarebbe bastato andare a rileggersi quanto Cesare Mori andò affermando,

