Page 150 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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lido programma di intelligence a causa di influenze interne e esterne. Uno dei
problemi più difficili da risolvere sarebbe stato il reperimento di fondi perché
non era garantito che il Tesoro italiano avrebbe trovato le risorse finanziarie ne-
cessarie. Ancora nel 1946 era parso chiaro che venivano assegnati fondi insuf-
ficienti al Battaglione 808° C.S. L’inversione di tendenza si ebbe solo a seguito
dell’intervento dell’ammiraglio Stone su De Gasperi nell’aprile-maggio 1946.
La mancanza di denaro avrebbe sicuramente frenato l’attività informativa ed
era molto probabile, preconizzavano gli americani, che non sarebbe stato pos-
sibile ricorrere in larga scala ad agenti stipendiati e solo alcuni ‘ex’ avrebbero
continuato a lavorare per l’intelligence italiana. Molto probabilmente sarebbe-
ro stati sostituiti da uomini d’affari o da ex ufficiali che andavano in viaggio per
motivi personali e che avrebbero volentieri passato informazioni per un senso
patriottico (quelli che oggi sono chiamati ‘viaggiatori legali’). Sicuramente gli
addetti militari avrebbero continuato a fornire il loro contributo all’attività. Si
poteva inoltre prevedere che sarebbe stata potenziata l’intercettazione, la loca-
lizzazione di apparati radio e la crittografia, settori in cui, durante la guerra, era
stato riconosciuto che gli italiani avevano raggiunto un ottimo livello.
Tra la fine del 1945 e il 1946 sono numerosi i progetti, le opinioni, i memo-
randa scritti da ufficiali americani a vari livelli. Varie le ipotesi come vari fu-
rono i giudizi sui colleghi italiani: quasi sempre oscillanti tra critiche e giudizi
positivi.
Il 6 giugno 1946, un promemoria dell’Ufficio del Vice Capo di Stato Maggio-
re, G-2 dell’A.F.H.Q., firmato dal colonnello Earle B. Nichols, sintetizzava una
serie di incontri e studi relativi e raccomandava che il piano per la costituzione
di un nuovo Servizio di intelligence dovesse essere lasciato ai vertici militari
italiani.
Vi era però una fondamentale differenza di opinioni tra gli ufficiali italia-
ni e quelli alleati per quanto riguardava il controspionaggio. Gli alleati erano
dell’idea che occorresse separare il C.S. puramente militare da quello mera-
mente civile: evidenziavano che l’Arma dei Carabinieri, che lo effettuava quasi
interamente, con la sua doppia funzione forniva la copertura per la sicurezza
militare delle truppe e per quella civile dell’intera nazione. Alla mentalità ame-
ricana non sembrava che questo sistema potesse funzionare al meglio, perché
una direzione centralizzata per due tipi di operazioni così diverse poteva an-
dare a discapito di una delle due. Inoltre, se l’Esercito, di cui l’Arma era parte
integrante, fosse stato responsabile delle due funzioni sopra descritte, in effetti,
93 Cfr. Romano Ca- veniva ad esser provvisto di una ‘polizia segreta’ (secret police) e questo non era
nosa, I servizi segre-
ti del Duce. I perse- certo auspicabile in quel momento storico. Sicuramente il pensiero del Nichols
cutori e le vittime, andava al periodo fascista, all’O.V.R.A. e alle altre similari organizzazioni della
Oscar Mondadori,
Milano, 2000; Fran- R.S.I. che erano ancora nel ricordo degli italiani e nelle loro paure. 93
co Fucci, Le polizie di
Mussolini. La repres- Ne veniva di conseguenza, per l’estensore del promemoria, che occorreva
sione e l’antifascismo fare in modo che il controspionaggio militare fosse ben distinto da quello ci-
nel “ventennio”, Mi-
lano, 1985. vile. Coloro che nell’Esercito si occupavano di sicurezza – continuava il do-
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