Page 148 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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Le alternative potevano essere di:
a) giustificare l’impiego continuato di personale S.I.M. nell’intelligence ita-
liana post 25 luglio 1943 dimostrando la lealtà con la quale quel perso-
nale aveva collaborato con gli alleati nella causa comune contro il nazi-
fascismo;
b) sottoporre preventivamente la lista al Comitato per l’Epurazione per ot-
tenerne una eventuale dichiarazione di non punibilità e di dare istruzioni
alle autorità italiane di nominare solo coloro che avessero ricevuto tale
‘avallo’ dal Comitato.
Le considerazioni finali rispetto a quanto avanzato nel memorandum erano
lucide: non era certamente facile ottenere quello che rappresentava il nocciolo
della questione e cioè non avere ‘ex-fascisti’ nel nuovo Servizio, visto che i più
esperti del settore avevano operato sotto il regime; sebbene fosse politicamente
meno soddisfacente, la linea più chiara da seguire ai fini operativi, era di im-
porre agli italiani che il nuovo personale fosse approvato dagli alleati. Le altre
richieste, pur corrette politicamente, con ogni probabilità avrebbero richiesto
molto tempo per essere portate a compimento.
Inoltre, uno dei timori espressi al riguardo era che, vista la difficoltà di tro-
vare lavoro per sostentare le famiglie, specialmente sottufficiali e elementi di
truppa potessero essere reclutati come agenti da potenze occidentali: la qual
evenienza era vista con preoccupazione da parte degli alleati, tanto da porla
come remora alle dimissioni di tutti gli ex appartenenti al S.I.M.
L’ufficiale americano non era sfiorato dal dubbio che la cultura e le profonde
tradizioni italiane erano fondate su basi diverse da quelle americane e non era-
no state cancellate da un regime ventennale. Al contrario, erano proprio quelle
le caratteristiche che stavano permettendo all’Italia, certamente con l’aiuto de-
gli alleati, di risollevarsi dalle distruzioni materiali e morali della guerra.
Il senso di questo memorandum era molto chiaro. Nei corridoi dell’A.F.H.Q.
un fondo di diffidenza continuava a persistere nonostante due considerazioni
importanti: la prima era che molto personale dell’intelligence italiana aveva
collaborato in modo egregio, specialmente nel controspionaggio ma di ciò era-
no a conoscenza le unità operative (Special Force, ad esempio) più che i buro-
crati; la seconda, che con l’approssimarsi dell’abbandono del territorio e della
piena sovranità italiana si profilava il timore che ordini e istruzioni degli alleati
potessero non essere ottemperati.
Comunque, il memorandum, di carattere restrittivo nei confronti degli
italiani, sarebbe definitivamente decaduto nel gennaio 1947 quando, tra l’al-
tro, nell’indicare la nuova organizzazione del Servizio di intelligence militare
dell’Esercito, sarebbero stati fatti i nomi di coloro che, secondo gli americani,
avevano dato i migliori risultati: il colonnello Vincenzo Pasquale, i tenenti co-
lonnelli Renato De Francesco, Paolo Ducros e Giuseppe Massaioli; i maggio-
ri Antonio Nani, Chirivino, Barbieri e Caputo: erano tutti appartenuti all’ex
S.I.M. fascista.
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