Page 172 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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gevano a tutti i militari che non avevano aderito e giurato alla Repubblica, di
                                   lasciare Roma e andare a nord.
                                      Aiutato dal suo ex segretario, aveva ottenuto nel frattempo documenti falsi
                                   ed era stato registrato all’anagrafe di Roma, come rifugiato. Decise allora di
                                   entrare in clandestinità. Andò a Modena e Bologna, dove fu ospitato proprio
                                   dal maggiore Argenziano che in quel momento dirigeva il Centro C.S. per il
                                   S.I.D. e che gli diede molte informazioni utili alla Resistenza; passò anche pres-
                                   so alcuni amici raccogliendo informazioni di vario genere, per tornare poi a
                                   Roma agli inizi di aprile. Lì incontrò il capitano Ardia al quale riversò tutte le
                                   informazioni raccolte.
                                      Naturalmente continuava ad essere attivamente ricercato: elementi del S.I.D.
                                   si recarono al suo domicilio e vi interrogarono la moglie la quale confermò che
                                   il marito era andato a nord e di lui non aveva più notizie da molto tempo. Solo
                                   poi seppe che era ricercato per essere giustiziato per tradimento.
                                      Non appena le truppe alleate entrarono in Roma, si presentò alla Centrale
                                   del S.I.M. riorganizzato.
                                      Quella del Fettarappa-Sandri è solo una delle innumerevoli difficili vicende
                                   che i militari italiani si trovarono ad affrontare con l’armistizio, con la divi-
                                   sione dell’Italia in due tronconi, con due Governi diversi. E peggiore era la
                                   condizione di coloro che avevano fatto parte del S.I.M. in modo palese e pre-
                                   minente. Molti di questi ufficiali si trovarono privi delle pur minime istruzioni
                                   al momento dell’armistizio. Alcuni Centri C.S., come quello di Firenze, si sciol-
                                   sero autonomamente credendo di avere esaurito il loro compito. Se da Roma
                                   arrivarono ordini chiari di riprendere il lavoro, si trattava di ordini della Re-
                                   pubblica Sociale Italiana, non del Governo legittimo spostatosi a Brindisi. Non
                                   tutti compresero quello che stava succedendo o non vollero capire: in buona
                                   o in cattiva fede alcuni riaprirono i Centri C.S., per poi affrontare la decisione
                                   finale: restare con la R.S.I. o superare le linee e ricongiungersi con il Governo
                                   legittimo.


                                   Pietro Verri
                                      Pietro Verri, tenente dei Carabinieri, il 28 aprile del 1940 era stato messo a
                                   disposizione del Ministero della Guerra e dopo un mese integrato nel S.I.M.
                                   mobilitato. Il 2 febbraio 1943 fu trasferito come Capo Centro C.S. a Ginevra
                                   dove si trovava alla data dell’armistizio. Datosi alla macchia poté rientrare in
                                   Italia e, passate le linee, collaborò con il Governo legittimo e gli alleati. Reinte-
                                   grato nel nuovo S.I.M., fu assegnato alla Seconda Sezione del Battaglione 808°
                                   C.S. il 13 ottobre 1943. Nel luglio 1945 era al Centro C.S. di Milano che lasciò
                                   nell’ottobre dello stesso anno, essendo stato destinato alla Territoriale. Alla fine
                                   della guerra tornò al Comando Generale dell’Arma e concluse la sua carriera,
                                   dopo molti altri incarichi speciali, nel grado di generale di Corpo d’Armata e
                                   Vice Comandante Generale dell’Arma.







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