Page 165 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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Il re di Spagna Filippo II è informato il 31 ottobre da un dispaccio del Mastro di posta di
Genova e dall’ambasciatore di Venezia, come riporta il Canosa.
il mito della vittoria di lepanto, dunque, inizia già il 19 di ottobre, quando Giustiniani
arriva a Venezia: l’equipaggio è vestito alla turca, dopo un primo attimo di smarrimento si
apprende la realtà. I Turchi residenti a Venezia, mercanti e viaggiatori chiudono fondachi e
botteghe e si rinserrano nelle case. Il Senato proibì di prendere il lutto per gli oltre 4000 morti
veneziani.
“Il panico si trasformò in un delirio di gioia”, scrive Canosa “ Tutta Venezia accorse a
s.Marco per il “Te Deum” ed i festeggiamenti si prolungarono per giorni. La vittoria di Le-
panto aveva raggiunto risultati insperati: per settant’anni neppure una volta i Turchi osarono
attaccare la Repubblica di Venezia, nonostante fossero così estesi e vulnerabili i suoi domini.
Scomparsa la paura, Venezia non sentì più bisogno di alleati”.
Non appena ritornano i combattenti e si hanno le notizie da fonti dirette, già alla fine del
1571 vengono pubblicate le prime relazioni.
Vedono la luce
- Le discussioni che hanno preceduto la battaglia.
- L’ordine di operazione con la disposizione delle unità della Lega (galeazze e galere
sottili) con i nomi dei comiti.
- La descrizione dell’impresa
- L’interrogatorio di alte personalità turche prigioniere
- La relazione fatta al papa dal Figueroa
- Racconti dei protagonisti
- I confronti con il passato.
La narrazione dei partecipanti diventa storia nelle mani degli storici specialisti (Contarini,
Manolesso, Paruta e via via tutti gli altri) senza dimenticare chi storico non era di professione
ma combattente e uomo di lettere, quel Miguel de Cervantes, imbarcato sulla “Marquesa”,
che per un colpo di archibugio perse l’uso della mano sinistra “per la gloria della destra”, co-
me scrisse un suo biografo. Spagnolo nato ad Alcalà de Henares, Cervantes fu un po’ italiano
per il servizio prestato con le armi del Colonna e del cardinale Acquaviva, come “camarero”
e, dopo la battaglia, in qualità di “portatore di mazza” – una specie di “usciere capo” – quale
“reduce e ferito” – presso il Regio Collaterale Consiglio di Napoli.
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Non solo mulini a vento, Dulcinea e Sancho, ma precisi riferimenti a Lepanto si trovano
nelle pagine del suo romanzo, che mescola fantasia e verità.
anzi, proprio Cervantes rivolge agli storici un ammonimento:
“Una cosa è scrivere da poeta, altra come storico. Il poeta può narrare le cose non come si
svolsero, bensì come avrebbero dovuto essere; lo storico deve narrare come accaddero, senza
togliere o aggiungere niente alla verità”.
Forse da buon “letrado” si era accorto che anche allora la storia poteva essere manipolata
per propri interessi e non mancavano certo i motivi per sospettarlo, considerato il rapporto
non certo idilliaco tra la Spagna e Venezia; tra i Colonna e i Doria, tra i consiglieri di D.
Giovanni inviati dalla corte di Madrid per flemmatizzare i “bollenti spiriti” del giovane co-
7 Vedasi L.Conforti, “ I napoletani a Lepanto”, Napoli, 1886