Page 368 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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368 XXXIV Congresso della CommIssIone InternazIonale dI storIa mIlItare • CIHm
A settembre il cattivo esito del raccolto rese necessaria l’istituzione del razionamento del
pane, della farina e del grano, mentre i disordini verificatisi in tutto il territorio, in particolare
la rivolta torinese dell’agosto, rendevano evidente l’esistenza di un serio problema di ordine
pubblico.
La responsabilità primaria della politica alimentare fu a questo punto assunta dal mini-
stero dell’Interno, nell’ambito del quale fu istituito un sottosegretariato “ad hoc” retto da un
militare, il generale Vittorio alfieri.
Con la costituzione del governo di unità nazionale dopo Caporetto, Alfieri fu destinato
alla Guerra, ed a sostituirlo il nuovo presidente del consiglio, Vittorio emanuele orlando,
chiamò un esponente del mondo economico lombardo, l’industriale tessile Silvio Crespi.
Nel corso dell’ultimo inverno di guerra l’intero settore agro-alimentare venne sottoposto
a regolamentazione. Con il decreto luogotenenziale 14 febbraio 1918, n.147, fu istituita la
“mobilitazione agraria”, e la struttura di controllo, assorbiti i compiti del commissariato ge-
nerale, fu svincolata dall’amministrazione dell’Interno e configurata come “Ministero per gli
approvvigionamenti ed i consumi alimentari”.
Crespi era convinto dell’inutilità di intervenire sul sistema dei prezzi mediante l’imposi-
zione di un calmiere.
Nelle condizioni di emergenza determinate dallo stato di guerra, e nella situazione di forte
dipendenza del mercato alimentare dagli approvvigionamenti oltre oceano e dai trasporti
marittimi – che potevano essere garantiti soltanto mediante accordi intergovernativi all’in-
terno dell’Intesa - poteva invece essere considerato attuabile, e comunque più efficace, un
monopolio pubblico delle importazioni e della distribuzione, applicato all’intero comparto
agro-alimentare.
Con una serie di provvedimenti adottati a partire dal febbraio 1918 il razionamento fu
così esteso ad una serie di prodotti diversi dai cereali, quali lo zucchero, il riso, la carne ed i
prodotti caseari.
In sintesi, il gruppo dirigente democratico-liberale delegò la funzione di indirizzo e di
controllo dell’economia di guerra ad un tecnico militare, Dallolio, e ad un esponente della
grande industria, Crespi, conferendo ad entrambi poteri adeguati.
Il generale ne fece largamente uso, praticando una politica dei prezzi, dei controlli e delle
relazioni industriali che ebbe soprattutto come obiettivo i risultati produttivi.
Crespi, dal suo canto, preferì agire prevalentemente sul controllo dell’offerta,senza farsi
illusioni circa l’efficacia di interenti normativi sul sistema dei prezzi.
La larga autonomia attribuita ai due ministeri “tecnici” , delle armi e munizioni e dell’ali-
mentazione, diede origine ad una concentrazione di potere che non poteva non costituire
oggetto di contestazione nella dinamica politica dell’ultima fase della guerra, soprattutto ad
opera di Francesco Saverio Nitti, cooptato quale ministro del tesoro nel governo di unità
nazionale.
L’economista lucano svolse una critica particolarmente aspra dei criteri di gestione di
entrambi i dicasteri, non trascurando accuse di malversazione, destinate a trascinarsi per anni
dopo la conclusione del conflitto.

