Page 273 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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dell'Esercito perché chiariscono assai bene lo spirito nel quale la CIAF nasceva a
proposito dei futuri rapporti tra l'Italia «vittoriosa» e la Francia «vinta» (15). Secon-
do queste direttive la Commissione non era «chiamata a trattare direttamente né col
Governo francese, né con altre autorità militari francesi ... ». La. sua era solo una mani-
festazione «unica», e quindi non soggetta a trattative, della volontà dell'Italia e tale
volontà diventava ipso facto della sua origine, legge ineluttabile. Il tono autoritario
nei confronti delle autorità francesi era di rigore; precisavano questi Appunti: «Nel-
le zone piazze-forti marittime e basi navali smilitarizzate gli organi della Commissione
non troveranno - e non dovranno permettere che vi si trovino - altre autorità militari
francesi che non siano quelle modeste e territoriali che, secondo la convenzione, sono
destinate unicamente ad assicurare la disciplina e l'amministrazione dei nuclei di
sorveglianza e manutenzione degli edifizi ecc.. militari.
Non cambia nulla a quanto sopra la eventuale esistenza nelle basi navali di una
aliquota della Marina da guerra francese, perché detta aliquota deve essere smobili-
tata e disarmata. Ne consegue che le autorità militari francesi di ,cui sopra saranno
certamente di rango e di categoria molto inferiore a quelle che avevano le autorità .
corrispondenti in tempi normali...».
Insomma la CIAF doveva, nelle intenzioni di Mussolini, rappresentare solo il
portavoce indiscusso ed indiscutibile della volontà del Duce e delle autorità fasciste:
in questo quadro il futuro delle relazioni tra Torino e Vichy si presentava come un
centro di potere ancor più autoritario di quello che, a Parigi ed a Wiesbaden, sede
della Commissione tedesca di armistizio, pareva prevalere. Ci si può chiedere quale
era, a quel punto l'idea che Mussolini si faceva del futuro della Francia. Per gli ulti-
mi quattro mesi del 1940, la convinzione era ancora quella dominata dalla teoria
di una guerra breve e di una imminente resa della Gran Bretagna con ovvia distribu-
zione dei vantaggi della vittoria italo-tedesca. Da qui la nascita di molti organi pa-
ralleli che studiano il futuro assétto del mondo sotto l'egida dell~sse ed anche una
certa disattenzione verso talune sensibilità francesi che portano il Governo di Pé-
tain a ribadire una serie di assiomi politici in netta antitesi con gli obiettivi italiani.
Tra questi la «intangibilità dell'impero» che è sottolineato soprattutto a Tunisi, le
cerimonie legate al mito di Giovanna d~rco circa la resistenza all'invasore, l'uso di
viaggi di prestigio del vecchio Pétain in certe zone nevralgiche per esempio la Sa-
voia a scopo unitario francese, la scelta di Nizza e della Corsica per celebrazioni
patriottiche delle organizzazioni petainiste, ecc .. Per Torino e quindi per Roma solo
importava sapere aspettare e non mollare gli obiettivi. Ed in questo quadro l'emana-
zione di speciali disposizioni circa i rapporti con Vichy paiono peraltro lasciare solo
trasparire gli autoritarismi, quasi sempre velleitari dell'Italia. L'intero anno 1940 ap-
pare dominato dalle ambizioni italiane di «imporre» il proprio punto di vista ai dele-
gati francesi che sia con Pintor, sia con il suo successore, il generale Camillo Grossi
troveranno due presidenti intransigenti nell'applicare questo primo tipo di politica.
E di questa politica non solo i lavoratori della CIAF fanno fede ma anche quel Ban-
do concernente gli ordinamenti amministrativi e le organizzazioni giudiziarie «nei
territori occupati» che il Duce emanò il 30 luglio 1940 e che radicalizzò in senso
quasi di anticipazione di annessione; una questione che, viste le sue reali dimensio-
(15) Appunti relativi alla Commissione Itali4na di Armistizio, Roma, 25 giugno 1940, p. 13, in
U.S.S.M.E. · Arch. CIAF, Racc. 26, fase. l.
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