Page 29 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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È da rilevare - per inciso - che il soldato italiano incominciò a manifestare
    la sua avversione verso il camerata tedesco proprio in occasione dell'intervento del-
    l' alleato in Grecia. Un' avversione nata dal convincimento che i tedeschi riuscisse-
     ro ·a sfruttare a loro vantaggio i sacrifici fino ad allora pagati con il sangue italiano.
         Di fronte a tanto diffuso ottimismo, le autorità militari non mancarono di an-
     notare,  con puntigliosa meticolosità, le disfunzioni, le  carenze e le proteste della
    truppa,  suggerendo  allo stesso tempo i rimedi e i provvedimenti da adottare.
         I soldati non smisero mai di lamentarsi delle disparità di trattamento econo-
    mico (derivanti dalla ingarbugliata legislazione sugli assegni di guerra), dei ritardi
    con cui i familiari percepivano i sussidi, delle disfunzioni del servizio di posta mili-
    tare,  del rancio,  dell'equipaggiamento (specialmente degli  indumenti invernali e
    delle calzature).
         Tanto da far scrivere all'Ufficio Propaganda, in una sintesi elaborata sulle re-
    lazioni inviate dai Comandi di Grandi Unità dall'ottobre 1940 all'aprile 1941, che
    «lo scopo di mantenere alto il morale della truppa e lo spirito combattivo si consegue
    ovviando,  prima di tutto,  ai fondamentali  bisogni di ordine materiale e morale delle
    truppe stesse, i quali esercitano sugli animi più forte passione.  Il ricreare il so~to con
    appropriati spettacoli cinematografici e teatrali,  competizioni sportive ecc.,  lo svagar/o
    rendendogli possibile la lettura di giomali di libri,  l'alimentare l'innato sentimento di
    amor patrio con la diffusione di opuscoli, conversazioni, conferenze, incide certo favo-
    revolmente sul morale delle truppe, a condizioni però che lo spirito loro sia sufficiente-
    mente sereno per apprezzare tale fo.rma di propaganda,  la  quale, diversamente,  ottiene
    l'effetto precisamente opposto a quello che si prefigge» (10).
         A sostegno di tali realistiche considerazioni, il documento mise in evidenza,
    in ben 14 pagine divise mese per mese, tutte le lamentele e le disfunzioni rilevate.
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         Se si volesse tentare un primo bilancio della propaganda di guerra - dove pe-
    rò tale definizione non può avere connotati limitativi, ma deve essere letta in senso
    molto più lato, perché strettamente legata a tutta l'attività propagandistica spiega-
    ta nel Paese e al conseguente,  tanto discusso «consenso» -:- si potrebbero trarre
    le seguenti considerazioni. Non conclusive né definitive, perché la storia della pro-
    paganda di guerra merita maggiori e più approfondite analisi.
         Gli organi dello Stato non riuscirono a comprendere a fondo l'importanza del-
    la propaganda e, conseguentemente, non furono capaci di studiare a livello scienti-
    fico sistemi, metodi e programmazioni. Le attività spiegate furono più il risultato
    di sensazioni epidermiche, affrontate con provvedimenti tamponi. È vero che all'e-
    poca la dottrina sulla guerra psicologica era ancora da venire, ma è altrettanto vero
    che tutte le passate esperienze in materia furono ignorate (le osservazioni contenu·
    te nella sintesi citata ripetono, pari pari, analoghe deduzioni già fatte dall'Ufficio
    Stampa e Propaganda del Comando Supremo durante la prima guerra mondiale).
    Come furono ignorati i suggerimenti provenienti dalle autorità militari.
         I tentativi di organizzare e accentrare tutta l'attività, perché avesse indirizzo
    unico,  furono inficiati da timori e gelosie.


    (lO)  A.U.S.M.M.E., fondo  Geloso,  raccoglitore  100.

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