Page 106 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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i  casi,  non  contraddicevano il  dominio  italiano sulle  colonie,  ma  quell~
                linea razzista che il regime fascista iniziò ad imporre nel 19 3 7 e che perfe-
                zionò con -le leggi razziali del 1938 e poi del 1939 e 1940. Fu così fondata
                a Tripoli un'alta scuola di studi islamici iniziarono trasmissioni radiofo-
                niche in lingua araba, furono organizzati i pellegrinaggi alla Mecca, fu ten-
                tata una sorta di assimilazione politico-ideologica d'élite con la creazione
                della Gioventtù Araba del Littorio (G.A.L.) e dell'Associazione Musulma-
                na del Littorio  (A.M.L.).
                     Accanto alla colonizzazione demografica metropolitana che, secondo
                i calcoli di Balbo, doveva portare la popolazione italiana della colonia alle
                500.000 unità all'inizio degli anni '50, fu varata in una misura molto mi-
                nore anche una colonizzazione agricola araba. Inoltre da un punto di vista
                economico, la politica delle grandi opere pubbliche, villaggi agricoli e strade
                (la Litoranea è la più importante: strada che va dal confine egiziano a quello
                tunisino)  impiegò  un grande  numero  di  mano  d'opera libica (1).
                    La  guerra colse la società libica così  come  quella  dell'impero in un
                periodo di costruzione e di pace nella colonia dell'Africa settentrionale e
                di relativa tranquillità militare anche nell'ex impero del negus. La Libia,
                a  cominciare dal suo governatore generale Balbo,  non accolse  la  guerra
                con entusiasmo sia nella componente italiana che in quella indigena.  ma
                si  accinse a combatterla, per quanto riguarda la popolazione civile a su-
                birla con un senso iniziale di una certa attesa distaccata che poi diventerà
                anche  altro  da parte dei  libici.  Ma i giovani  che  erano  stati  educati  ed
                addestrati nella G.A.L. non altrimenti da molti giovani italiani allevati na-
                zionalisticamente e bellicosamente avevano combattuto fin dall'inizio con
                lo slancio e l'entusiasmo della loro età e dell'infatuazione ideologica. Così
                li ricorda Paola Hoffmann: " ... furono gli stessi ragazzi (della G.A.L.) che,
                prendendo sul serio l'educazione marziale si  arruolarono nel quaranta e
                morirono a  Sidi  el  Barrani" (2).



                (l)  Su questi problemi vedi: L. Goglia, Sulla politica Coloniale fascista,  in storia Contempora-
                   nea, XIX n.  l  febbraio  1988, pp. 35-53; L.  Goglia, Note sul Razzismo coloniale fascista,
                   in Storia Contemporanea,  a XIX n.  6,  1988, pp. 1223-1266; L.  Goglia, La organizzazio-
                   ne del  P.N.F.  nell'Africa italiana,  in  Storia  e Dossier,  a  III,  luglio-agosto  n.  20,  1988,
                   pp.  11-17; L.  Goglia, La pacificazione civile della  Libia  1932-1940, in le guerre coloniali
                   fasciste,  Regione Emilia Romagna- Comune  di  Ferrara,  Bologna  1985, pp.  13-15.
                (2)  P.  Hoffmann,  La  mia  Libia,  Genova,  Marietti,  1990,  p.  267.


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