Page 201 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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sempre presenti nelle file socialiste italiane, tanto nell'esilio quanto, in clan-
destinità e nelle carceri, in patria.
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Il1941 si chiuse con un evento che segnò un'ulteriore e determinan-
te svolta nell'antifascismo, destinata a proiettarsi sino al termine del con-
flitto e oltre. L'attacco nipponico alla base americana di Pearl Harbour
(7 dicembre) e la dichiarazione di guerra da parte degli USA contro il Giap-
pone, seguita, l' 11 dicembre, in forza del patto tripartito, da quella di Ger-
mania e Italia agli Stati Uniti, mentre resero mondiale sotto ogni aspetto
la guerra in corso, modificarono in profondità lo scenario dell'antifasci-
smo, molto oltre le intenzioni originarie del premier britannico Churchill
e del presidente americano Franklin D. Roosevelt. Sin dal6 gennaio 1941
questi aveva solennemente proclamato al Congresso di Washington: «Di-
ciamo alle democrazie la difesa della vostra libertà è questione vitale per noi ameri-
cani ( ... ). Vi manderemo, in quantità sempre maggiori, navi, aeroplani, carri armati,
fucili. Questo è il nostro obiettivo e il nostro pegno». Quattro giorni dopo venne
presentata alle Camere la Legge "affitti e prestiti", che autorizzava il tra-
sferimento di beni, già disponibili, per un valore di 1.300 milioni di dol-
lari e consentì al presidente Roosevelt di devolvere 7.000 milioni di dollari
a sostegno della resistenza contro i nazifascisti. Sotto il profilo ideologico,
il documento fondamentale dell'impegno anglo-americano contro il totali-
tarismo fu però la Carta Atlantica, i cui principi vennero enunziati il 14
agosto 1941: quasi due mesi dopo l'aggressione germanica all'URSS. Pre-
cisato che né USA né Regno Unito aspiravano a ingrandimenti territoriali
o a mutamenti di confini contrari ai desideri, liberamente espressi, dei
·diversi popoli, ai quali veniva riconosciuto il diritto a scegliere liberamente
"la forma di governo sotto il quale intendono vivere" e ribaditi i capisaldi del
liberismo (diritto di tutti i popoli ad accedere, in condizioni di parità, ai
commerci e alle materie prime mondiali necessarie alla loro prosperità eco-
nomica), la Carta proclamava di voler perseguire "la definitiva distruzione
della tirannia nazista" e auspicava l'abbandono della forza quale strumen-
to per risolvere le contese fra i popoli. Tali dichiarazioni- come il radio-
messaggio del 23 febbraio 1942, genetliaco di George Washington,- e
altre simili sugli antifascisti militati ebbero importanza non solo per quanto
esplicitamente dicevano ma anche per ciò che tacevano. La riaffermazio-
ne del diritto dei popoli all'autodeterminazione delle proprie forme di go-
verno aveva senso se si risolveva infine nell'instaurazione di sistemi
democratici: diversamente non v'era ragione di scendere in guerra contro
la "tirannia nazista" e quella nipponica.
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