Page 198 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Franco.  La  brutale liquidazione di anarchici,  trotskysti,  'liberali'  o sem-
               plicemente persone ritenute scomode proprio perché antifascisti di presti-
               gio  ma non  succubi né duttili rispetto  alle  loro  pretese (sorte  che  aveva
               sfiorato anche Randolfo Pacciardi,  comandante della  Brigata internazio-
               nale  "Garibaldi") era stata opera  di  comunisti:  e anche di italiani,  fra  i
               quali,  per così dire,  si  distinsero  Palmiro Togliatti (Ercoli),  Luigi Longo
               (Gallo) e Vittorio Vidali in specie. Tre anni prima, comprensibili ragioni
               avevano portato a respingere con sdegno e quali strumentali provocazio-
               ni, volte a dividere il fronte antifascista, le insinuazioni che ad assassinare
               i fratelli Carlo e Nello Rosselli (il primo dei quali era fondatore di "Giu-
               stizia e Libertà" e promotore della  "Colonna Rosselli":  primo nucleo  di
               volontari italiani accorso in Spagna in difesa della Repubblica) fossero stati
               uomini al  servizio o per conto dei  comunisti  (il  che  non significava che
               fossero necessariamente comunisti militanti, bensì -  come ha documen-
               tatamente argomentato Franco Bandini- 'infiltrati' o in vario modo 'pi-
               lotati' dai servizi segreti sovietici) (1 4>.  Ma lo sdegno del giugno-luglio  193 7
               e le  fervide  proclamazioni di  "unità d'azione"  degli antifascisti avevano
               poi ceduto dinanzi alla realtà quando, nell'agosto 1939, da punta avanza-
               ta  della  lotta contro il totalitarismo hitleriano,  i  comunisti -  sulla  scia
               di Mosca e in seguito al patto di non aggressione tedesco-sovietico - era-
               no  passati a denunziare la  borghesia (ovvero,  in concreto, le  democrazie
               di Francia e Gran Bretagna) quale unica vera responsabile della  "guerra
               imperialista'' in corso, con una pioggia di giustificazioni a vantaggio della
               condotta dello stesso Hitler, la cui vittoria su Parigi e Londra venne addi-
               rittura auspicata quale primo passo verso un nuovo ordine di più elevata
               giustizia tra i popoli. A suo tempo, con lo pseudonimo di Rossi, assunto
               durante la clandestinità, Angelo Tasca raccolse in volume una impressio-



               (14)  Franco  Bandini,  Il cono  d'ombra.  Chi  armò  la  mano  degli  assassini dei fratelli  Rosselli,
                   Milano, Sugar Co,  1990. Nei confronti di quest'opera, frutto di vasta e puntigliosa
                   ricerca, sono state scagliate bordate d'invettive, quasi essa ponga in dubbio l'antifa-
                   scismo  di  Carlo  e  N ello  Rosselli,  là  dove l'Autore mette invece  in  discussione le
                   ragioni -  e quindi i mandanti -  del loro assassinio, domandandosi se la loro morte
                   giovasse, nel giugno 19 3 7, non giovasse forse ai comunisti sovietici più che ai fasci-
                   sti,  al totalitarismo staliniano (deciso a fare  piazza pulita fra  sé e il  'capitalismo',
                   escludendo quindi qualsiasi 'terza via') più che al regime mussoliniano a quella da-
                   ta ancora lontano dalla scelta definitiva di "patto d'acciaio" con la Germania hide-
                   riana e  al  quale  semmai  faceva  gioco  che l'antifascismo  fosse  nettamente diviso.
                   Carlo Rosselli era appunto l'unico capace di dare corpo a un antifascismo non sue-
                   cubo dei comunisti sovietici e -  fa  osservare Bandini -  venne eliminato proprio
                   quando progettava  di  incontrare Trotzsky.


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