Page 195 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Felice conclude infine che, dopo Monaco, il duce agì non già d'iniziativa
           propria bensì in risposta alle mosse altrui e soprattutto di rimando rispet-
           to al preponderante alleato germanico, (uso a parlo dinanzi ai Fatti com-
           piuti), seguendolo anche  nella stipula del patto con il Giappone, siglato
           a Berlino il27 settembre 1940 senza alcuna vantaggiosa contropartita per
           l'Italia,  tantopiù  perché esso  non  rimetteva  in discussione le  reciproche
           garanzie fra Impero nipponico e Unione Sovietica, sicché la valenza ideolo-
           gica dell'alleanza di Roma con Berlino e Tokio, sulla quale puntava la pro-
           paganda  fascista,  rimaneva  priva  di  riscontro  positivo sul terreno  della
           lotta  contro  il  comunismo.
                Spogliate dunque, a ben vedere, dai connotati ideologici -  e ideali
           -con i quali il regime aveva motivato l'ingresso in guerra, le operazioni
           in corso si riducevano a un confronto puramente militare, nel cui quadro
           l'andamento delle operazioni era destinato ad assumere un peso immedia-
           to e decisivo per ribadire o confutare l'identificazione tra regime e Stato.
           Costretta alla  ritirata di Dunquerke e sottoposta a un'offensiva aerea di
           dimensioni e durata tali da metterne a seria prova la resistenza -  tanto
           da indurre a prevedere il trasferimento del governo in Canada-, la Gran
           Bretagna  rispose  con l'organizzazione  e la  diffusione  capillare  del  SOE,
           cioè dilatando i fronti di guerra, moltiplicando tempi e modi dell'attacco
           al nemico, facendo leva proprio sulla dimensione planetaria del suo Impe-
           ro. In tal modo qualsiasi sconfitta delle sue armi era destinata a rimanere
           singola  e circoscritta ma non avrebbe messo in discussione il complesso
           della sua guerra, fondata sulla coesione tra guida politica, comandi milita-
           ri  e apparato produttivo.
                Per  contro,  sin  dalle  prime fasi  la guerra  'italiana' vide emergere lo
           scollamento tra governo (isolato rispetto al Paese per la mancata attivazione
           o la sottoutilizzazione degli organi rappresentativi, per quel poco che ancora
           potessero  significare),  vertici  militari e direzione  dell'economia.  Gli  avvi-
           cendamenti attuati da Mussolini nella compagine governativa, con la elimi-
           nazione dei ministri ritenuti inetti o non sufficientemente ligi alle sue direttive,
           la  mancanza  di  un rapporto  di  sincera convergenza  tra partito e mondo
           bancario e imprenditoriale e i fendenti presto lasciati cadere dal Primo Ma-
           resciallo dell'Impero sui vertici militari (a cominciare da Badoglio, indotto
           a rassegnare le dimissioni dal Comando Supremo) posero in luce che l'Ita-
           lia  fascista  doveva la  sua tenuta  solo  alla  possibilità di  evitare la  "guerra
           totale" che essa aveva minacciato e, più ancora, una guerra di lunga durata.
                Nella tarda primavera del1941 il regime vedeva insomma già larga-
           mente compromesse le  sue basi e un largo  numero di afascisti guardare


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