Page 190 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Proprio la continuità con lo Stato risorgimentale -  su cui, con oppo-
               sta valenza, insistono diversi storici e che, in senso positivo, condividiamo
               appieno- ora sollecitava i lealisti a fungere da partito nazionale per im-
               pedire che la sconfitta militare- di cui s'intravvedevano i primi segni pre-
               monitori -  si traducesse in catastrofe.  L'eccellente saggio del gen.  Mario
               Montanari ha da tempo documentato la piena consapevolezza che i vertici
               delle Forze Armate nel1939 avevano delle effettive condizioni dell'appara-
               to bellico e della sua impreparazione assoluta ad affrontare una guerra im-
               mediata  e di  lunga  durata,  del  resto  da  tutti  rigorosamente esclusa <6>.
                    I verbali delle riunioni tenute dal Capo di Stato Maggiore Generale
               comprovano a loro volta, al di sopra di ogni dubbio, che in capo a pochi
               mesi, i vertici militari erano proprio i primi a non farsi illusioni sull'esito
               del conflitto. 1118 dicembre 1940, per esempio, il Comandante Supremo,
               Maresciallo Ugo Cavallero, informò quanti partecipavano alla seduta che
               1'8 dello stesso mes.e sul fronte greco-albanese il gen. Vercellino non aveva
               più bombe a mano e che il gen. Geloso ne disponeva solo di 1.400, prose-
               guendo:  "Bombe da 81  zero.  Dico che è un miracolo aver tenuto".  Il 7 gennaio
               1941 la prima riunione tenuta dal sottocapo di S.M. gen.  Guzzoni, pre-
               senti Riccardi, Pricolo, Negro e Armellini, non tracciò un quadro più in-
               coraggiante della situazione strategica. Guzzoni, anzi, informò di aver fatto
               pervenire al duce un promemoria nel quale avvertiva che, dopo la caduta
               di Bardia, ogni distrazione di truppe dalla Tripolitania avrebbe compor-
               tato "il rischio di non poter difendere né la Tripolitania né la Cirenaica".
               Dal canto suo, "considerato che la situazione terrestre è disastrosa", Pri-
               colo  propose di valutare "se valesse o meno la  pena di  sacrificare altra
               aviazione", mentre Riccardi, giudicando assai critiche le prospettive os-
               servò  che  "l'unione delle due flotte  britanniche:  da  Gibilterra e da  Alessandria
               permetteva agli inglesi  di  avere  una superiorità  schiacciante" < 7>.

                                               * * *


               (6)  M.  Montanari, L'esercito italiano alla  vigilia della 2a guerra  mondiale,  Roma,  Ufficio
                  Storico dello  Stato  Maggiore dell'Esercito  (d'ora in poi U.S.S.M.E.),  1982.  Messa
                  in piena evidenza l'assoluta inadeguatezza delle FF.AA. ad affrontare una guerra "gros-
                  sa" e "lunga", Montanari documenta tuttavia che i Capi di S.M. di Esercito, Marina
                  e Aeronautica "probabilmente furono influenzati dagli avvenimenti" e dall'euforico
                  spostamento dell'opinione pubblica verso la "persuasione di una nuova sfolgorante
                  e praticamente definitiva vittoria dell'alleato ed alla convenienza di scendere in cam-
                  po al più presto a fianco della Germania per una facile  partecipazione al trionfo"
                  (ivi,  p.  359).
               (7)  Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (d'ora in poi U.S.S.M.E.),  Verbali
                  delle riunioni tenute dal Capo di S.M.  Generale, II, l gennaio 1941-31 dicembre 1941 a cura
                  di  A.  Biagini e F.  Frattolillo,  Roma,  1983, pp.  S-6.


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