Page 193 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 193
effettivamente esiziali per la sua sopravvivenza. Codesta tesi va senz'altro
accolta: ma con una importante avvertenza, che ne costituisce anche una
radicale correzione. Il regime - osserviamo noi - sarebbe potuto dura-
re ancora a tempo indeterminato, ma solo per forza d'inerzia, cioè rinun-
ziando a realizzare davvero gli obiettivi ch'esso dichiarava di prefiggersi
e per conseguire i quali aspirava al consenso di masse e, ciò che ancor
più conta, al concorso attivo del 'partito nazionale'. Il fascismo rimaneva
al potere solo rinunziando a essere se stesso.
Al secondo anno di guerra i rischi che ormai si profilavano per lo
Stato confermavano che un regime capace di assicurarsi la vittoria in Etiopia
e di partecipare con buone affermazioni alla guerra di Spagna aveva più
probabilità di successo fra le grandi potenze quando assumeva, come a
Monaco di Baviera nel 1938, il ruolo di mediatore alla ricerca di sia pur
precari equilibri, mentre mostrava tutta la propria fragilità proprio quan-
do scendeva in campo per attingere le mete per un ventennio additate agli
italiani.
La netta discrepanza fra i propositi e i mezzi disponibili pelloro con-
seguimento era già tutta nelle direttive dettate da Mussolini sin dal 31 marzo
1940 quale scopo ultimo dell'ingresso in guerra, ormai ritenuto inevitabile.
"L'Italia- premetteva il Duce- non è accantonata in un angolo d'Eu-
ropa come la Spagna; non è semi-asiatica come la Russia, non è lontana dai teatri
d'operazione come il Giappone o gli Stati Uniti; l'Italia è in mezzo ai belligeranti,
tanto in terra quanto in mare. Anche se l'Italia cambiasse atteggiamento e passasse
armi e bagagli ai franco-inglesi, essa non eviterebbe la guerra immediata colla Ger-
mania( ... ). Esclusa l'ipotesi del voltafaccia, che del resto gli stessi franco-inglesi non
contemplano e in questo modo dimostrano di apprezzarci, rimane l'altra ipotesi, cioè
la guerra parallela a quella della Germania per raggiungere i nostri obiettivi che
si compendiano in questa affermazione: libertà sui mari, finestra sull'oceano. L'Ita-
lia non sarà 'veramente' una nazione indipendente sino a quando avrà a sbarre
della sua prigione mediterranea la Corsica, Biserta e Malta e a muro della stessa
prigione Gibilterra e Suez. Risolto il problema delle frontiere terrestri, l'Italia, se
vuole essere una potenza 'veramente' mondiale, deve risolvere il problema delle sue
frontiere marittime: la stessa sicurezza dell'impero è legata alla soluzione di questo
problema".
Abbiamo sottolineato l'avverbio "veramente" giacché la sua iterazione
sta a indicare che, malgrado le magniloquenti dichiarazioni sul ritorno delle
aquile imperiali sui fatali colli di Roma, a Mussolini non sfuggiva che la
191

