Page 189 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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cipessa ereditaria, MariaJosé, di scongiurare l'ingresso dell'Italia in guer-
ra a fianco di chi aveva invaso il suo Paese traendone in ostaggio illegitti-
mo sovrano.
Contrariamente a quanto afferma R.J.B. Bosworth, il regno d'Italia
non era affatto frutto prematuramente rinsecchito di mera fantasia lette-
raria o di una astratta costruzione storiografica <3>; né solo in Italia fra Ot-
tocento e primo Novecento il primato della volontà fece aggio su quella
delle cose < 4>. Nella grande guerra il Paese era infine entrato non su mero
impulso di un mito: anzi, semmai, con una previsione di guerra breve che
consente di cogliere molta prudenza al di sotto del "sacro egoismo" e, quin-
di, una modesta concessione ai "miti" e molta propensione al calcolo. A
ogni modo è assolutamente falso che l'Italia abbia "ricavato molto dal suo
limitato contributo alla prima guerra mondiale" < 5>.
Comunque possano essere valutati i loro rapporti con il regime, non
v'è dubbio che le Forze Armate rimasero autonome rispetto al partito unico
e che esse - a differenza degli stessi professori universitari - siano state
l'unico corpo dello Stato a non dover prestare giuramento di fedeltà al
"duce": privilegio fondato proprio sul prestigio acquisito nell'opinione
civica - e cementato da una innnumerevole serie di cerimonie per i ca-
duti e rievocazioni del IV Novembre - per la conclusione della grande
guerra, vittoriosa per le armi italiane: uniche dinanzi alle quali l'avversa-
rio avesse infine ceduto di schianto, trascinando con sé l'intero assetto del-
l'Impero austro-ungarico.
(3) La politica estera italiana, 1860-1985, a cura di RichardJ.B. Bosworth e Sergio Roma-
no, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 39.
(4) lvi, p. 47.
(5) lvi, p. 51. Prima di scrivere, a proposito dell'Italia, che al termine della grande guer-
ra, il regno raggiunse quelli che erano i suoi confini naturali sul piano geografico,
se non dal punto di vista etnico, un autore d'oltre Manica dovrebbe domandarsi quali
siano i confini geografici ed etnici della cosiddetta Gran Bretagna. Ma il signor Bo-
sworth si spinge anche ad affermare che, dopo il 1945 la "realtà delle superpotenze
[USA e URSS} rese, almeno potenzialmente, l'Italia uno Stato di confine, una sorta
di Iugoslavia più grande e occidentale", ricollegandola "nel ruolo che aveva avuto
primo del1914: né un'alleata affidabile, né una nemica permanente". Orbene, che
la diplomazia britannica abbia cercato - con l'insuccesso oggi evidente - d"'in-
ventare" una Iugoslavia sotto Tito (e ai danni degli italiani) è ben noto; ma che l'Italia
sia una sorta di Iugoslavia "più grande e occidentale" può essere affermato solo da
chi, titoli accademici a parte, ignori che la storia d'Italia inizia un po' prima di quel-
la della sua contrada e che, piaccia o non piaccia, si fonda sulla Roma dei consoli,
dei Cesari, dei papi e dei re.
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