Page 188 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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l'Italia 'regia'. A determinare in modo nuovo e permanente l'orientamen-
to di larga parte della dirigenza nazionale (dall'alta burocrazia ai potenta-
ti finanziari e industriali) furono fattori interni e internazionali, che conviene
esaminare separatamente, per chiarezza espositiva, ma nei fatti s'aggrovi-
gliarono in forme spesso convulse. Preme comunque sottolineare che il
1941 segnò la vera svolta perché determinò il distacco da Mussolini non
già e non tanto delle cosiddette "masse" o del "proletariato" urbano o con-
tadino (i cui volubili umori egli conosceva perfettamente tramite il quoti-
diano capillare rastrellamento di informazioni ma di cui, al tempo stesso,
aveva numerose volte provato di non tenere affatto conto, nella collaudata
previsione di poterne recuperare il consenso a basso prezzo), bensì dell'a-
rea che, per comodità definiremo 'lealista', cioè di forze culturali, politi-
che, economiche ... tradizionalmente preoccupate delle sorti dello Stato
più che di quelle di un governo e meno ancora di un regime di marcata
impronta ideologica. Tale "area" non costituiva affatto un partito giacché
non era affatto "organizzata" in modo uniforme o univoco e tuttavia pe-
sava in misura determinante poiché era la continuità della sua condotta
globale a sostegno dello Stato ad assicurare la stabilità dell'esecutivo e, per-
tanto, di un regime identificato con la prosecuzione di una guerra sempre
più estranea ai veri interessi nazionali.
Se la battaglia delle Alpi occidentali, nel giugno 1940, era stata lungi
dal rassicurare sulle capacità offensive delle Forze Armate italiane e, nel-
l'ottobre seguente, il deludente avvio della campagna di Grecia aveva de-
terminato le traumatiche dimissioni del maresciallo Badoglio dal Comando
Supremo, il 'partito nazionale' - come anche possiamo denominare l'a-
rea "lealista" - rimase costernato soprattutto per la perdita del patrimo-
nio coloniale in Africa orientale, nel quale non a torto si vedeva una tra
le più significative affermazioni della Terza Italia, nata dal Risorgimento
e inseritasi fra le grandi potenze con rapidità tale da consentirle di sedere
autorevolmente nei congressi (a cominciare da quelli di Berlino del 1878
e 1884-85) e di assicurarsi una presenza Oltremare, la cui legittimità nes-
suno aveva messo in discussione. Come ha ricordato il generale Alberto
Rovighi, in Africa orientale le truppe italiane vennero fatte arrendere non
già ai britannici, loro veri vincitori, bensì, con manifesto intento mortifi-
cante, ai belgi. Risultava insomma deprimente non solo la sconfitta in sé,
ma il modo nel quale essa si era consumata: vere "forche caudine" per
i più informati ai livelli alti del potere, i quali non mancavano di cogliere .
la portata emblematica di una resa che evocava i vani tentativi della prin-
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