Page 208 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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magazziniere. Per altra parte però l'impostazione fu conseguenza di un
sistema le cui strozzature appariranno evidenti più tardi, e troppo tardi
ormai, quando si dovette avviare la trasformazione del tipo di economia
che alimentava lo sforzo bellico.
Anche a causa dell'opera di disinformazione svolta da Favagrossa sol-
tanto di recente sono state espresse valutazioni innovatrici sulla impor-
tanza effettiva delle materie prime nella produzione bellica. Vi è ancora
chi, come James Sadkovich, sopravvaluta il ruolo avuto dalla loro genera-
le carenza nel determinare la sostanziale incapacità del secondario di dare
di più e di meglio ma vi è anche chi, come Curami, lo ha ridimensionato
drasticamente a confronto di altri fattori (mancanza di macchine, arretra-
tezza tecnologica, interessi delle imprese) e chi ne ha intuito ed evidenzia-
to il legame con il criterio di gestione dell'economia di guerra, come Angela
Raspin. Chi vi parla ha preferito impegnarsi in primo luogo a mettere
ordine fra le cifre e le componenti della politica degli approvvigionamenti
sullo sfondo di una impostazione non dissimile da quella della Raspin,
e si riserva di esprimere in questa sede il suo giudizio.
A questo punto è tempo di affrontare il discorso sul 1941 e di farlo
cercando di interpretare il fastidio di Einaudi. Egli non avrebbe potuto
negare il fatto che durante il conflitto, e nella preparazione di esso, la di-
sponibilità di materie prime e combustibili dovesse essere considerata per
forza un fattore politico, se non altro proprio in quanto fattore strategico.
E aveva ragione nel sostenere, implicitamente, che alla loro carenza non
fosse impossibile porre rimedio anche quando ai "periti economici" al
servizio degli "attizzatori di conflitti", come egli li chiamava, fosse acca-
duto, come loro accadde, di sbagliare le previsione dei fabbisogni - il
caso più frequente - o delle quantità disponibili sul mercato. Un vero
problema delle materie prime non si sarebbe dunque posto purché pro-
prio a quegli ultimi non fosse capitato di sbagliare, e di sbagliare alla grande,
sul piano strategico globale, cioè il calcolo costi-benefici di un conflitto
ecohomico condotto sul piano militare e guerreggiato. Proprio in riferi-
mento a questo piano le basi - pure poste per tempo - della politica
italiana degli approvvi~ionamenti si rivelarono del tutto inàdeguate.
In un paese deficitario come l'Italia si doveva puntare, e si puntò,
realmente più che ad una politica di ricerca o sostituzione delle risorse
interne - sugli esiti della quale a livello di governo nessuno si fece illusio-
ni- su due altre forme di intervent<:>: la prima consistente nella ricerca
di gàranzie politiche di approvvigionamento sui mercati esteri; la seconda
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