Page 212 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Devo notare qui una qualche differenza di vedute fra Angela Raspin
                e me sul valore dell'accordo. Non riesco a vedere infatti in esso un succes-
                so pieno per la parte italiana ed un insuccesso di fatto per quella tedesca
                e credo anche che il settimo protocollo meriti grande attenzione sia  per-
                ché rappresenta l'occasione perduta di cui si è detto sia per il salto quali-
                tativo e quantitativo che segnava rispetto al precedente per il complesso
                di  materie  prime  cui  si  riferiva.
                     Per dare ragione dei contenuti della politica degli approvvigionamenti
                del 1941 seguiremo il rapporto fabbisogni/disponibilità prendendo in con-
                siderazione soltanto  il  carbone i  prodotti petroliferi e quelli  siderurgici,
                il rame e la gomma. Per il carbone fabbisogni e quantità importabili furo-
                no, come è noto, sottostimati rispetto ai consumi di pace e persino alle reali
                possibilità dell'alleato di mettere a disposizione dell'Italia le quantità ne-
                cessarie, anche se con qualche prevedibile, ma superabile, difficoltà di tra-
                sporto  per  via  ferroviaria.  Le  richieste  formulate  alla  fine  del  1940
                recepirono una giusta correzione verso l'alto da  12  a 13,2 milioni di ton-
                nellate l'anno ma i negoziatori ne ottennero 12,6 per vederne poi giunge-
                re in Italia 11,4. Difficilmente spiegabile è invece la sovrastima del fabbisogno
                di  prodotti petroliferi (ben 8, 7 milioni di tonnellate, per il 70 per cento
                destinati  ad impieghi militari)  indotti da un aumento  fra  1939 e  1940
                del 74 per cento di quelli stimati dalla Marina Militare (giunti a 3,6 mi-
                lioni di tonnellate). Quel quantitativo, superiore più di tre volte ai consu-
                mi di pace, era tale anche rispetto alle possibilità di trasporto e soprattutto
                a  quelle  di  rifornimento  (a  meno  che  oltre che  sul petrolio rumeno  non
                si facesse affidamento su massicce importazioni di petrolio sovietico). Al-
                la fine dell940 la realtà aveva preso il sopravvento e si cercava di ottene-
                re la garanzia di poter effettuare il trasporto di 100.000 tonnellate al mese
                di  prodotti rumeni ridotti nel  primo accordo  raggiunto a  74.000 (com-
                prese forniture tedesche). La media mensile delle importazioni di tutto il
                1941 fu  però più alta, circa 83.000 tonnellate, che erano sempre troppo
                poche rispetto ai consumi, in pàrticolare quelli di nafta della Marina. Scar-
                samente comparabili sono i valori delle  stime prebelliche dei  fabbisogni
                e delle importazioni dei prodotti siderurgici pari a  l, 7 milioni di ton.  di
                rottame, di cui solo  1,2 di prevista importazione, trasformati in 360.000
                tonnellate di ghisa  e 480.000 tonnellate di acciaio  nelle  richieste del  di-
                cembre 1940, divenute, rispettivamente 250.000 e ben 750.000 negli ac-
                cordi  raggiunti.  Le  importazioni  effettive  si  attestarono  entro  la  fine
                dell'anno su  169.000 tonnellate di ghisa e 535.000 tonnellate di acciaio,


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