Page 214 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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tipo di imprese 180.000 tonnellate mensili su circa 900.000 importate
(oltre a 240.000 tonnellate di quello nazionale, di peggiore qualità). In
queste condizioni, determinante per i consumi energetici fu il ricorso alle
scorte che alla fine del 1941 toccavano le 630.000 tonnellate per il carbo-
ne (pari ad una ventina di giorni di consumo) e le 320.000 tonnellate per
i prodotti petroliferi (pari a meno di tre mesi di consumo).
La relativa disponibilità di materie prime e combustibili ottenuta fa-
cendo ricorso ai quantitativi importati ed a quelli stoccati era però co-
munque tale da definire il problema delle materie prime come un problema
non di reperimento ma di allocazione.
Possiamo tentare di arrivare ad una conclusione prendendo lo spun-
to proprio dalla ripartizione delle assegnazioni delle materie prime e del
combustibile che a fronte delle crescenti esigenze belliche videro perma-
nere forti consumi civili e ridursi le quote, significative proprio perché
piccole, destinate agli impianti impegnati nella produzione bellica. Nel-
l'agosto del1941 il generale Thomas, capo del Wi Ru Amt, di fronte all'in-
spiegabile, proponeva che il controllo sull'impiego delle materie prime fosse
ad ogni costo assunto direttamente dalle autorità tedesche. Egli infatti era
giunto alla conclusione che il vincolo di fondo dello sviluppo della produ-
zione bellica italiana non era la carenza di materie prime ma la mancanza
di controllo del loro impiego sulla base di un chiaro ordine di priorità.
Non riusciva a spiegarsi perché le risorse fossero disperse per perseguire
un aumento della capacità produttiva di settori e comparti che già lavora-
vano al di sotto di quella esistente (faceva l'esempio delle fibre artificiali
e della siderurgia); per il tranquillo procedere dei piani di edilizia pubbli-
ca; o per il serio impegno posto nel fortificare la frontiera col Reich. Era
arrivato inoltre alla conclusione che gli sforzi, pur encomiabili, in questo
senso del generale Favagrossa non potessero approdare a nulla. Di questo
·doveva averlo convinto, col solito collaudato sistema, lo stesso Favagrossa
il quale per suo conto tendeva ad assumere il controllo dei combustibili
ma si teneva alla larga dall'unica impegnativa misura capace di dare risul-
tati, la gestione della assegnazione delle commesse di materiale bellico, mi-
sura che anche solo col fissare un ordine di priorità avrebbe dato il segno
della trasformazione in una economia di guerra in senso proprio della eco-
nomia di guerra in senso lato come era ancora quella italiana che doveva
lasciare ampio spazio non al "burro" preferito ai cannoni ma ad una eco-
nomia "civile" per lo sviluppo della quale la guerra non doveva essere
un ostacolo ma anzi, in molti casi, una occasione per razionalizzare settori
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