Page 211 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Proprio questa parziale disponibilità tedesca definì l'ambito ristretto
nel quale il problema degli approvvigionamenti venne a collocarsi. Per
valutare meglio l'occasione perduta di una immediata revisione del mo-
dello di economia che il collegamento della produzione bellica (e non solo
bellica) italiana con quella tedesca avrebbe sicuramente imposto, vanno
discussi i benefici per così dire "residui" che dall'accordo raggiunto tras-
sero l'una e l'altra parte.
Favagrossa portò a Roma una certa quota delle materie prime richie-
ste e mise le basi di un accordo importante - il primo - per il petrolio
che fu trattato e raggiunto più tardi in sede separata. Riuscì in questo sal-
vando, come si è accennato, l'indipendenza della industria bellica nel quadro
della pressoché totale dipendenza della stessa dalla importazione di mate-
rie prime tedesche o controllate dalla Germania. La politica degli approv-
vigionamenti, priva di nuovi elementi rimase sullo stesso binario e fu
l'elemento che favorì il perpetuarsi del modello di economia di guerra pre-
scelto che, per ragioni politiche, nessuno era ancora intenzionato a cam-
biare. Né Mussolini, come vedremo, né l'industria, che da un rigido regime
di controllo di una vera economia di guerra avrebbe avuto per il momen-
to tutto da perdere e nulla da guadagnare. I tedeschi ottennero sul piano
militare- senza privarsi di armi e mezzi propri (dei quali avevano gran-
de bisogno in quella fase di ingrandimento delle strutture dell'Esercito in
previsione di Barbarossa) ma solo "piazzandone" alcuni tipi di preda bel-
lica e concedendo un quantitativo di poco maggiore del precedente di ma-
terie prime - di garantire per il tempo ritenuto necessario, e soprattutto
al minimo costo, la tenuta della macchina militare italiana e, con essa, il
perpetuarsi dello svolgimento della funzione di questa: fissare nel Medi-
terraneo le forze britanniche. Ma sul piano politico ottennero certo di più.
Scriveva Clodius a von Ribbentrop dopo la firma del pròtocollo segreto
(il settimo): "Siamo sicuri che l'economia di guerra italiana andrà avanti sino
a tutta la prima metà del 1941 e siamo per di più riusciti a far sì che il Duce
stesso ne sia persuaso e riconosca con gratitudine i favori che la Germania ha reso
all'Italia. Abbiamo con ciò rafforzato non solo la posizione del Duce ma anche quel-
la di quei circoli che sono i pilastri della resistenza morale e militare italiana e
della sua alleanza con la Germania".
Le ricadute politiche dell'accordo facevano dunque premio per i te-
deschi sul suo valore economico. Tanto che, sfuggito per il momento il
grande obiettivo del controllo della industria italiana, si collocarono su
posizioni di attesa di durata necessariamente breve.
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