Page 248 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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ITALIA E GERMANIA NELL'ESTATE 1943 247
all'ultimo momento. Perciò per esempio la Marina il 7, 8 settembre pro-
gettò una grandiosa ultima impresa 'suicida' contro la flotta alleata di sbarco
che si avvicinava alla costa di Salerno. Questa rigorosa politica di segre-
tezza ebbe come risultato che la parte tedesca rimase fino all'ultimo mo-
mento incerta su quello che stava realmente succedendo. L'ambasciatore
Rahn ancora la mattina dell'otto settembre telegrafo a Berlino che nono-
stante tutti i sospetti non poteva non dare fiducia alle solenni dichiarazio-
ni del Re e del maresciallo Badoglio.
Nella propaganda tedesca del dopo-armistizio e nei resoconti dei te-
deschi allora in Italia ci imbattiamo nell'impressione e nella tesi che loro
avevano assistito ad una gigantesca tragicommedia di bugie, inganni e ma-
chiavellismi. Una parte della rabbia e della furia può essere spiegata dalla
sensazione di essere stati ingannati. Ma niente sarebbe più sbagliato di
questo. La simulazione apparentemente machiavellica era spesso così ve-
ritiera in quanto non era simulazione. Molti militari italiani erano con-
vinti che l'alleanza continuasse. I servizi segreti tedeschi avevano collezionato
molti indizi di contatti italo-alleati, ma non avevano in mano nessuna prova
concreta. " Dollmann, Kappler e sopra di lui Himmler perdettero la partita dello
spionaggio", scrive D. Bartoli. " Questa fu una sconfitta decisiva. Se Hitler avesse
avuto la conferma precisa di quel che intuiva, e cioè della resa italiana, la sua
rappresaglia sulla monarchia e su Badoglio si sarebbe subito scatenata, e un altro
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governo da lui fatto insediare avrebbe sconfessato l'armistizio" .0 >
D'altro canto i costi di questa politica di ultra-segretezza furono estre-
mamente alti. Essi impedirono praticamente ogni seria preparazione per
l'ora "X", per il temuto scontro militare con le truppe tedesche e per la
difesa di Roma. Probabilmente il governo e il Re il 6 settembre avevano
già deciso in caso di una reazione offensiva da parte dei tedeschi, di la-
sciare la città e di ritirarsi o in Sardegna o verso Sud.
Rimangono aperte le due questioni se, con l'aiuto degli alleati, la di-
fesa di Roma sarebbe stata possibile e se al momento della fuga del gover-
no e del Re ci sia stata qualche intesa tacita o esplicita tra Kesselring e
gli italiani.
Sorprende di fatto la facilità con la quale il governo, il Re e il Co-
mando Supremo riuscirono ad attraversare gli Abruzzi ed a raggiungere
la sera del 9 settembre la costa adriatica. Secondo Ruggero Zangrandi questo
(12) D. Bartoli, op. cit., p. 81.
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