Page 243 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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                    Mussolini aveva cercato disperatamente, dall'autunno del1942 in poi,
                di trovare una soluzione politica alla guerra.  Aveva  implorato  Hitler -
                invano -  di por fine  alla guerra all'Est o di  ridurla ad una strategia di-
                fensiva, concentrando lo sforzo militare sul Mediterraneo. All'interno del-
                la classe dirigente fascista esistevano residue speranze che Mussolini stesso
                potesse organizzare per l'Italia l'uscita dalla guerra, che ormai sembrava
                perduta. Questo era, per esempio, il progetto al quale lavorava il Ministe-
                ro degli  Esteri.  Ma si  trattava  poco  più che  di  una speranza.  L'apertura
                del secondo fronte attirò automaticamente una crescente forza militare te-
                desca.  Nel maggio  1943 si  trovavano stanziate in Italia cinque divisioni
                tedesche che per la fine di agosto raggiunsero la notevole cifra di diciasset-
                te. La politica berlinese già dall'inizio del 1943 aveva dichiarato, in diver-
                se occasioni, con minacce velate, che di una pace separata non si  doveva
                discutere. Il destino era comune. La meta poteva essere soltanto la vittoria
                completa o la disfatta totale, Sieg oder Untergang.  "Chi a questo punto intendes-
               se abbandonare la partita", dichiarò Ribbentrop, "correrebbe con  tutta sicurez-
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                za  il rischio  di  andare  incontro  alla propria  rovina''. < >
                    E l'ambasciatore tedesco a Roma, von Mackensen, lasciava intende-
                re che la Germania aveva i mezzi per reprimere qualsiasi ribellione e per
                occupare militarmente la Penisola. La radicalizzazione della guerra che da
                parte alleata culminò nella formula del unconditional surrender,  incatenò Roma
                al  carro  della  politica  tedesca  e alla  guerra  totale.
                    L'ombra  minacciosa  della  Germania  divenne l'incubo  nei  dibattiti
                interni. Leonardo Vitetti,  il più lucido cervello del Ministero degli  Esteri
                all'inizio del giugno  1943 disse ad Acquarone, ministro della Real Casa,
                che il vero problema erano i tedeschi. "La caduta di Mussolini sarà un tale
                colpo per Hitler che è da attendersi una immediata e violenta reazione . ... è difficile
                ... evitare che i tedeschi rimettano Musso lini al suo posto e restaurino il regime fasci-
                sta con  le  loro  armi . ...  Possiamo  resistere  a una  Strafexpedition  tedesca  con  le  sole
                nostre forze?"  Vitetti credeva di  no.  "Rovesciare  Mussolini significa  entrare in
               guerra  con  la  Germania".  E questa guerra si  sarebbe potuta sostenere sol-
                tanto  se  già ci  fosse  stato lo  sbarco  alleato  e  con  il  sostegno  psicologico
                e  materiale  delle  grandi  Potenze  occidentali (3)_
                    Era una previsione lucidissima della situazione che si presentò all'in-
                domani  del  2 5  luglio  e  al  momento  della  caduta  di  Mussolini.


                (2)  Ibid.,  n.  203,  verbale  del  colloquio  Ribbentrop·Bastianini,  7  aprile  1943,  p.  260.
                (3)  Ibid.,  n.  406,  9 giugno  1943, verbale del colloquio Vitetti·Acquarone,  p.  527·536.









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