Page 246 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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ITALIA  E  GERMANIA  NELL'ESTATE  1943                            245

             dividuo o da tutta una classe dirigente". < > "Col nazismo",  scrive D. Bartoli nello
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             stesso contesto, "la Germania si era collocata al di fuori della civiltà moderna.
             Non si poteva trattare con  essa come con  un altro paese occidentale dei  nostri tempi.
             Non  restava  che  tentare  di  ingannar/a". <9>
                  Chi giudicò possibile che l'Italia potesse uscire  separatamente dalla
             guerra, con il consenso di Berlino, non aveva capito il carattere di Hitler,
              i  tratti  salienti  della  sua  dittatura  e la  dinamica  del  conflitto  mondiale.
              In questo contesto gli autori del diario del Comando Supremo della Wehr-
              macht scrivono: "Sbagliata era anche la caratterizzazione della capitolazione ita-
             liana  come  'tradimento'.  La parte tedesca  sapeva  da  lungo  tempo  che  l'Italia  ...
             aveva esaurito le sue risorse e le sue possibilità.  . . . Un esame realistico della situazione
             avrebbe potuto condurre in Germania al risultato che sarebbe stato meglio di conclu-
             dere  la guerra  -  insieme  con  Mussolini  o con  Badoglio". (IO)
                  L'Italia cioè aveva,  rebus  sic stantibus,  un diritto naturale allo  sciogli-
             mento  dell'alleanza.  D'altro canto  non è contestabile che  allora  esistesse
              il fatto del tradimento di segreti militari. Gli inviati del governo Badoglio
              che cercavano di contattare gli alleati, portavano con sé i più recenti piani
              d'operazione  e  di  dislocamento  non  soltanto  italiani  ma  anche  tedeschi
             -   un regalo di nozze per la  nuova agognata alleanza. Il bombardamento
              del quartiere generale di Kesselring a Frascati poche ore prima dello sbar-
              co  a  Salerno  fu  il  risultato  di  tali  rivelazioni.
                  Molti italiani della classe dirigente di allora giudicarono possibile un
              distacco dell'alleanza e una uscita dalla guerra in modo pacifico e concer-
             tato.  Tra le  molte prove di  tali  speranze si  trovano le  annotazioni  di  Al-
             berto  Pirelli  nei  suoi  diari.  Pirelli  fu  uno  dei  più importanti  industriali
              italiani e anche dopo il  1940 mantenne intensi contatti con l'estero. Come
             presidente dell'Istituto di Studi Politici Internazionali e come possibile can-
              didato a Ministro degli Esteri in un governo postfascista, egli  era ottima-
             mente informato sulla situazione internazionale. Ma anche Pirelli realizzò
             con grande ritardo tutta la pericolosità della situazione italiana. Fino alla
             fine dell'agosto  1943 ritenne che la politica italiana disponesse ancora di
             un ampio spazio di manovra e credeva possibile una soluzione concorda-
             ta con Berlino. Credeva perfino possibile una posizione ''fiduciaria dell'I-
             talia per la conclusione di una pace generale.  Il rifiuto di Berlino di seguire questa


              (8)  R.  Guariglia,  Ricordi  1922-1946,  Napoli,  1950,  p.  558  e sg.
              (9)  D. Bartoli, L'Italia si arrende. La tragedia de/1'8 settembre 1943, Milano,  1983, p. 66-68.
             (10)  Kriegstagebuch  des  Oberkommandos  der  Wehrmacht,  a  cura  di  P.  E.  Schramm,  vol.  3,
                  Frankfurt/M.,  1963,  p.  1530.









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