Page 349 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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domani dell'armistizio.< 5l Un atteggiamento di "doppio gioco" abbondan-
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temente confermato dalla documentazione disponibile e al tempo stesso
giustificabile da parte degli interessati sulla base di diverse e spesso oppo-
ste motivazioni. Così, per esempio, la produzione per le autorità tedesche
e della R.S.I. può essere letta come collaborazionismo e volontà di con-
tinuazione dei più o meno buoni affari p re bellici e del 1940-1942, ma
anche come volontà di preservare gli impianti dalla distruzione o dai tra-
sferimenti e la manodopera dalle minacce di trasferimento in Germania.
Viceversa, i bassi livelli produttivi e le intese con gli anglo-americani e
le forze partigiane possono apparire come espressione di una (spesso nuo-
va) convinzione antifascista, così come il risultato di preesistenti (in alcu-
ni casi) legami internazionali e della volontà (ben più generale) di stabilire
intese con le forze che avrebbero influenzato in maniera decisiva la situa-
zione economica e politica del dopoguerra.
In ogni caso, non si può fare a meno di considerare il contesto inter-
nazionale nel quale si muovevano le grandi imprese italiane: molti dei prin-
cipali esponenti di esse, infatti, avevano già prima dello scoppio del conflitto
consolidati interessi in paesi stranieri, che con la guerra divennero giusti-
ficabili anche in relazione alla difesa delle filiali delle imprese italiane. Ma
non si può interpretare, probabilmente, il comportamento della grande
industria e finanza sulla base della considerazione delle scelte internazio-
nali dei loro principali esponenti, vedendo ad esempio Agnelli, Valletta,
Cini, Volpi, Donegani, Pirelli vicini agli anglo-americani e invece Rocca
(o anche Caproni e Gobbato), cioè l'industria di Stato o più legata allo
Stato, allineati sulla scelta filotedesca.< 46 l Per molti motivi, compreso l'av-
(45) Sulla questione rimandiamo al recente saggio di Sandro Setta, Profughi di lusso. Indu-
striali e manager di Stato dal fascismo alla epurazione mancata, cit.; molti elementi sul-
l'argomento in V. Castronovo, Giovanni Agnelli, cit. e in M. Ilardi, Nuovi documenti
sugli interventi tedeschi nell'industria italiana, cit., che ricorda, a proposito delle intese
tra Fiat e alleati, l'episodio del bombardamento sulla Fiat del22 giugno 1944: "Erano
in corso i lavori di smontaggio e di caricamento di alcuni reparti della Mirafìori
che erano da trasferire nella zona del lago di Garda. Ebbene, la mattina del 22,
un bombardamento molto preciso e circoscritto ai reparti che si volevano smonta-
re, operato da circa 50 aerei anglo-americani, riuscì a fermare e a rinviare l'opera-
zione. Da segnalare che la Fiat aveva dichiarato il giorno prima la serrata, cosicché,
al momento dell'attacco, nello stabilimento non vi erano operai, tranne quelli adi-
biti allo smontaggio" p. 91-92.
(46) Sulla questione si vedà, per esempio, D. Bigazzi, "Organizzazione del lavoro era-
zionalizzazione nella crisi del fascismo 1942-1943", in Studi storici, n. 2, 1978, p.
394-396; sul rapporto industria-guerra, sull'integrazione internazionale dell'indu-
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