Page 347 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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camente all'avanguardia.<39) Né si devono dimenticare altre attività non
secondarie quali le riparazioni, il recupero di materie prime e di prodotti
delle lavorazioni meccaniche più raffinate (soprattutto cuscinetti a sfere)
dai mezzi inutilizzabili e le modifiche per adeguare i mezzi italiani agli
standard tedeschi.
Chi, incrociando fonti diverse, ha ricostruito le commesse successive
all'armistizio e gli acquisti di materiali ordinati prima dell'S settembre,
ha raccolto una massa di dati - la cui parziale incompletezza rimanda
appunto ai diversi ma convergenti motivi di minimizzazione dell'impe-
gno industriale per la guerra dopo l'armistizio- che non consente dubbi
sulla necessità di rivedere questo momento della storia nazionale.< 40 > Ed
il discorso non riguarda soltanto l'industria bellica in senso stretto, ma
anche, più in generale, le forniture più diverse necessarie alle armate tede-
sche in Italia.
Con l'entrata in guerra, la Marzotto, come gli altri fornitori di tessu-
ti, si trovò ad impegnare in produzioni militari quote crescenti dei propri
impianti.< 41 > Le vicende dell'impresa di Valdagno dopo l'otto settembre
sono in qualche misura esemplificative rispetto ad una dinamica più ge-
nerale. Risultò infatti subito palese l'interesse dei tedeschi all'acquisizione
della produzione, tanto che all'inizio del 1944 il magazzino venne acqui-
sito a prezzi molto alti (anche considerando le dinamiche inflazionistiche
in atto) e con pagamento "pronta cassa: una novità rispetto agli usuali
ritardi dell'amministrazione italiana". Una vicenda che "rappresentò il
proficuo avvio di relazioni d'affari con gli invasori, sia dal punto di vista
delle forniture militari - che continuarono oltre il realizzo del magazzino
- sia da quello del mercato civile tedesco" . Le vendite del Ve m di tessuti
militari passarono così, dopo la punta del1941 (249,5 milioni), da 104,7
milioni nel1942 a 160,7 nel1943 e le vendite all'estero da 29,7 milioni
(1941) a 40,4 (1942) a 45,6, inserendosi in una tendenza che raggiunse
il punto più alto l'anno successivo. Nel 1944, per spingersi oltre il limite
cronologico di questo intervento, la produzione fu infatti sostanzialmente
(39) È questa una delle conclusioni dello studio citato di Curami, dal quale si ricava
il tentativo tedesco di far ad esempio produrre in Italia parti per il Focke-Wulf
190 (da parte di Breda, Fiat e Piaggio) e il Me 109 (da parte della Macchi e del
Gruppo Caproni).
(40) A. Curami, L'industria bellica italiana durante la R.S.l. Miti e realtà, cit.
(41) G. Roverato, Una casa industriale. l Marzotto, Milano, Angeli, 1986, p. 353 e sg.
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